Passione Gourmet Milano Archivi - Pagina 2 di 22 - Milano Passione Gourmet

Don Lisander

Questo incantevole luogo, avviato nel 1947, lascia trasparire tutto l’incanto di un tempo denso di storia, nella prestigiosa via Manzoni – a qualche passo dal Teatro alla Scala – dal quale ha tratto il nome l’insegna (Don Lisander era il soprannome con il quale gli abitanti chiamavano bonariamente l’illustre concittadino Alessandro Manzoni). La sua bella sala principale, in cui si muove con travolgente entusiasmo e passione da un decennio il patron Stefano Marazzato, è stata ricavata dall’originaria cappella del prestigioso Palazzo Trivulzio il cui meraviglioso lussureggiante giardino rimane godibile dal patio del ristorante, approntato come dehors durante la bella stagione e arredato con meravigliosi lampadari e candide tovaglie. La cucina del ristorante, affidata al competente Massimo Moroni, Chef e Presidente della delegazione Lombardia dell’Associazione professionale cuochi italiani (Apci), propone grandi classici della tradizione milanese, alleggeriti con uno sprint più contemporaneo e affiancati da pietanze a base di pesce. Per debuttare, optiamo per un rinfrescante Carpaccio di capesante, cetriolo, avocado e pompelmo e dei saporiti Mondeghili della tradizione con del soffice di patate; proseguiamo con un tenero Filetto di vitello in sfoglia, spinaci, provola e soffice di patate e dalla lista del pescato, optiamo per un trancio, di fine esecuzione, di ombrina, leggermente penalizzata da un carciofo quasi evanescente nel gusto, ma vivificato dall’impiego del sedano rapa. Per concludere la degustazione, tra i dessert, il must della tradizione, il delizioso Panettone Artigianale con la crema di zabaione, poi Tiramisù, Mousse al cioccolato e via preferendo. La carta dei vini di Don Lisander annovera circa più di 250 etichette selezionate esclusivamente tra i più prestigiosi produttori vinicoli italiani.

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All’interno del lussuoso Park Hyatt del centro città, a qualche passo dall’incanto di Piazza delle Scala, si muove da un biennio con elegante leggerezza e competenza Guido Paternollo, classe 1991, che, laureatosi in Ingegneria al Politecnico, decide nel 2015 di votarsi alla cucina debuttando da Enrico Bartolini, poi vola in Francia chez Alain Ducasse e Yannick Alleno e infine fa ritorno nella sua città natale diventando Executive Chef del ristorante Pellico 3. Qui, nel suo repertorio, non mancano omaggi al capoluogo meneghino (c’è un menù degustazione La Mia Città, dedicato proprio alla sua Milano) che contempera con solide tecniche di cucina contemporanea e internazionale. Ad accoglierci un personale giovane e ineccepibile in una grande sala ovattata, vestita di caldi legni e una bellissima vetrata nella quale sonnecchiano quiete importanti bottiglie. Dalla carta scegliamo il menu degustazione stagionale, articolato in 5 passaggi: esordiamo con un piatto di estrazione vegetale come le Verdure di stagione cotte e crude e i loro condimenti che rinfrescano e stuzzicano; seguono delle gustose Sardine marinate, cuori di pomodoro, accompagnate da dei graziosissimi cappelletti mignon e rucola; di levatura stilistica, lo Spaghetto acido cotto in acqua di pomodoro, emulsione di vongole, vongole veraci e calamaretti spillo che appaga il boccone per il giusto equilibrio tra acidità e note iodate; sempre di alta scuola e perfettamente armonico il Tortello, ricotta di pecora, ‘nduja e melograno. Conclude la degustazione l’Animella di vitello croccante, finferli, albicocca, verbena e salsa al vin Jaune. Delizioso il dessert, di estrazione francese: la Tarte Fine alle fragole, aceto di fiori e fiordilatte di capra. La carta dei vini di Pellico 3 è rimarchevole per l’assortimento intelligente e le proposte coraggiose e ricarichi in linea con il prestigio dell’insegna.

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Questa insegna originale nasce dall’idea di alcuni cultori enogastronomici, che, visitando il Nord Europa e avendo una predilezione particolare per le aree baltiche, hanno deciso di avviare un bistrot e un cocktail bar a loro dedicato in una delle zone più suggestive e dense di storia della città, le Cinque vie, ove viene piacevolmente coniugata la cucina della Scandinavia con quella danese, contemperandola a quella lituana ed estone. Gli arredi sobri di Balticbar, vestito di risoluti toni verdi e rischiarato da vetrate immacolate, rispecchiano l’essenza della tavola schietta e senza orpelli dei paesi succitati; le morbide sedute, così come la musica di sottofondo invitano alla più totale rilassatezza, grazie anche a un servizio giovane, cordiale ma mai ingessato. Accogliamo lieti questa esplorazione delle Terre del Nord, sorseggiando un ottimo e refrigerante Spritz Selvatico preparato con un profumato liquore alla salvia e limone, Prosecco e soda accompagnandolo con degli amouse bouche in tema, espressi. Dal menu della cena scegliamo due appetizer: dalla trama soda e dalla gradevole nota fumé lo Sgombro affumicato, marmellata di arancia amara e fette di mela verde che ne ripuliscono e rinfrescano l’assaggio: optiamo poi per lo sfizioso Misto baltico in cui viene servito un assortimento di pesci dei Mari del Nord con uova di Mallotto, in cui consistenze multi sfaccettate e intingoli vari, sono permeati da una piacevole spinta acida e note erbacee che ne alleggeriscono il boccone; impeccabile il Gravlax di salmone. Deliziosi (di cui non saresti mai sazia), i Pelmeni – ravioli ripieni tipici della cucina dell’Europa centro -orientale ma anche presenti nelle cucine della Russia – ricolmi di una saporita farcia di carne. Tra i secondi piatti, optiamo per del Salmone arrostito a puntino e del Filetto di cervo purtroppo un filo penalizzato dall’eccessiva cedevolezza delle sue carni, accompagnato da una sfiziosa e croccante frittella di patate. La carta dei vini di Balticbar si presenta piuttosto essenziale ma interessante, battente quasi unicamente bandiera francese con qualche divagazione slovena e italiana.

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Nella signorile via Statuto, nel quartiere Boho-chic di Brera, Taverna Trastevere è una bella insegna avviata da qualche mese e già sovraffollata di clienti. Si tratta del secondo progetto gastronomico di Nicolas Vaporidis e Alessandro Grappelli, amici da sempre e soci in affari, che nel 2021 hanno avviato, con successo, un luogo di ristoro che mette in tavola il meglio della robusta e gustosa tradizione capitolina. Durante la bella stagione, si può optare per un tranquillo e appartato dehors allestito nella corte interna dove dimenticare le fatiche della giornata godendo un po’ dell’atmosfera magica e ‘friccicarella’ di Trastevere a Milano; altrimenti si può soggiornare nella bella sala interna, arredata con chiari rimandi all’Urbe, tovaglie immacolate e una bella cucina a vista, coccolati del garbo professionale del personale. In carta, alle pietanze della tradizione si accostano anche Pinsa romana e pietanze di pesce, come Tartare di pescato, Calamari fritti, Spaghetti alle vongole veraci, Spigola al sale e via preferendo. Optiamo per vari assaggi di antipasti: croccanti, dorati e filanti i Supplì, dal chicco al dente, infarciti di ragù alla bolognese; come nonna insegna, golose, confortanti e un filo sapide le Polpette in umido; delicata la Trippa alla romana al sugo di pomodoro, rinvigorita da foglie di mentuccia, come tradizione docet. Tra i primi, gustiamo degli Spaghettoni fatti in casa all’amatriciana ricchi di guanciale e della loro salsa rustica e godereccia. In carta, anche Carbonara e Tonnarelli cacio e pepe. Tra i secondi piatti, assaporiamo dei teneri e stuzzicanti Straccetti di Vitello con rucola e pomodorini di pachino freschi; in lista, non mancano ovviamente i Saltimbocca, il Coniglio alla cacciatora e le Costine di agnello. Concludiamo questa bella sosta godereccia, con una leccornia romana che più romana non si può: il Maritozzo, soffice paninetto semi dolce ricolmo di crema e tanta aerea panna fresca. La carta dei vini di Taverna Trastevere vede una sezione dedicate alle bollicine nazionali e d’Oltralpe, con etichette non ordinarie.

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Nell’oasi quieta del Sud-Ovest milanese, più precisamente a Gaggiano, Daria Lo Giudice e Alessandro Totaro, coppia nella vita e in affari, hanno riavviato da qualche anno il ristorante e bistrot La Bettolina. Ai fornelli, si muove il giovanissimo Chef Domenico Montanaro che impiatta una buona e robusta cucina della tradizione con uno zing di contemporaneità, impiegando, ove possibile, materie a km zero o addirittura  approntate in casa. Sostare nelle sere d’estate sotto i tigli nell’ampio giardino è una piacevolezza rara, a cominciare dall’aperitivo che viene accompagnato da tre sfizi: i Mondeghili, dall’involucro croccante e teneri al cuore, insaporiti da una gustosa maionese alla gremolada; l’elegante Crostone di pan brioche caldo, migliore piatto dei tre, arricchito da un ottimo paté di fegatino montato, miele di rovo dell’apicoltura Clerici e scoppiettante salvia fritta; infine il delizioso Vitello Tonnato, decisamente ‘al rosa’, dalla salsa affumicata e abbondante, rinfrescata dal cerfoglio dell’orto. Dalla trama soffice la Focaccia al padellino con lievito madre, condita fetta per fetta, con mozzarella fior di latte pugliese, gorgonzola e pancetta stagionata” La Giovanna” del Salumificio Capitelli e che sorprende all’assaggio per l’equilibrata gustosità finale; mentre un briciolo greve al boccone il Risotto Carnaroli, dell’Azienda Agricola Cascina Casiglio, ai pistilli di zafferano iraniano (connotato da una fragranza senza pari) e midollo di vitello, il tutto mantecato purtroppo con sovrabbondante Parmigiano Reggiano. Stuzzicante il Galletto ruspante, dalle morbide e saporite carni, affumicato al legno di Ciliegio, cucinato alla griglia e fragrante di erbette dell’orto. Terminiamo questo lauto pasto con del ‘Painmensù’: variante gradevolmente più austera e antica del classico Tiramisù realizzato qui come il Pan Meino, letteralmente ‘pane di miglio’, in lombardo, ovvero con farina gialla. La carta dei vini de La Bettolina è interessante per la selezione di tipologie di etichette biodinamiche e naturali; possibilità di fruire anche di mezze bottiglie, oramai purtroppo quasi sempre assenti nelle liste di parecchi ristoranti.

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Sita nei pressi di Piazza Firenze, Sa Mesa è un’insegna di successo che compie tra poco vent’anni e, la cui parola tradotta dal vernacolo sardo sta a indicare proprio ‘La Tavola’ genuina, cui accomodarsi affidandosi alle premure della padrona di casa e del marito, che sforna specialità in cucina. I coniugi, dopo avere avviato il Molo 13 e il Gallura negli anni 90, in zona De Angeli, hanno aperto in seguito questo luogo di ristoro, sempre di impronta schietta e marinara e offrono anche grandi classici della tradizione isolana quali Culurgiones, Lorighittas, Fregula e Maloreddus, preparati rigorosamente in casa e, per gli amanti della carne, ‘Porceddu’, Agnello e leccornie varie. Iniziamo con un antipasto caldo e generoso: la Catalana di gamberi, polpo e calamari, dal perfetto punto di cottura, è appetitosa e abbondante, assaporiamo poi dei gustosi Calamari in insalata di carciofi cosparsa di scaglie di aurea bottarga di Cabras che alletta e convince anche per il giusto equilibrio di sapidità finale. Tra i primi, come già anticipato, assortimento di pasta fresca da condire a volontà come gli Gnocchetti alla campidanese, i Ravioli di ricotta con pomodoro e basilico, i Culurgiones, poi i Lorighittas con crostacei, gli Spaghetti alle vongole con bottarga, le Pennette scorfano e gallinella. Proseguiamo con del Trancio di ricciola al forno, dalla trama morbida e profumata, accompagnata da carciofi e patate e del San Pietro all’oristanese, allestito con olive e Vernaccia, che risulta sodo all’assaggio e permeato da una piacevole nota mandorlata e aromatica conferita dal vino impiegato. In lista, non mancano l’Astice e l’Aragosta alla Catalana, il Fritto misto di mare, Gamberoni alla Vernaccia. Dalla carta dei desserts , rigorosamente eseguiti dalla Signora Carla, optiamo per l’inappuntabile e lieve Millefoglie alle fragole e del niveo Pecorino di Sardegna. La carta dei vini di Sa Mesa, come intuibile, battente bandiera sarda tra interessanti etichette di Bianchi e di Rossi di piccoli grandi produttori.

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Dal 1997 questa rinomata insegna, che ha mutato negli anni vari indirizzi, propone una pizza croccante e piuttosto sottile compiuta con un impasto leggerissimo, super digeribile e allestita con ingredienti Dop provenienti da diversi Presidi dello Stivale. Da qualche tempo la pizzeria Barabba alloggia in una quieta traversa di Viale Monterosa, nel signorile quartiere della ex Fiera Campionaria della città che sta anch’esso mutando la sua anima super residenziale aprendosi a nuove realtà nel campo della ristorazione. All’ingresso ci accoglie un personale sorridente che ci accompagna nella sala al piano superiore illuminata da immensi cristalli che ne rischiarano l’ambiente e già affollata di clienti. Dalla carta ordiniamo un paio di Sfizietti consistenti in degli assaggini di pane bruscato arricchito da delle ottime alici di Monterosso e altri con dei carciofi grigliati sottolio. Tra i lievitati, scegliamo una crostigliante e saporita Focaccia All’Arrabbiata, bianca insaporita con pancetta, cipolla rossa e peperoncino; tra le Pizze, optiamo per l’appetitosa Bufala, realizzata con del pomodoro San Marzano Gustarosso, mozzarella di bufala di Loffredo artigiano di Battipaglia che risulta friabile e saporita, forse in leggero debito di condimento e a cui manca ovviamente l’amalgama degli ingredienti con l’impasto, tipico della pizza classica napoletana (ndr questa non proclama di esserlo) e in seguito un calzone dalla forma più allungata ed elegante rispetto a quello tradizionale, chiamato Fiore Ripieno, infarcito con dell’ottima paletta iberica dai gradevoli toni affumicati. Tra i dolci, in coerente clima di estrazione familiare e casalinga, varie golosità come il Latte in piedi al caramello, cioccolato o frutti di bosco e la mitica Mattonella Dai Dai, realizzata con gelato fiordilatte, pinoli toscani, servita con miele e cacao amaro. La carta dei vini di Barabba risulta piuttosto scarna annoverando in tutto una decina di etichette e delle birre speciali.

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Nel nottambulo Food District di Viale Montenero, Domenico ‘Dom’ Carella ha avviato da un mese circa Ultra, interessante insegna, sorella del noto Carico, ‘place to be’ per gli appassionati della buona mixology. Anche questo secondogenita, immersa in una penombra rilassante, allestita con una bella cucina a vista e un bel bancone, è votata ai cocktail d’autore e ai lievitati gourmet da compartire con il tavolo a mo’ di Tapas e affianca loro proposte più meneghine, della tradizione e anche ‘veggy’. Ad accompagnare il tutto una musica, a tratti eccessiva, che forse andrebbe rimodulata per dare modo agli ospiti di godere appieno il fascino della narrazione delle portate da parte dell’ottimo personale di sala. Dal menu assaggiamo di tutto un po’: iniziamo con della golosa Focaccia, dalla trama aerea e croccante al morso, infarcita di Pastrami, pickles e rafano che solletica il palato; assaggiamo poi della Trippa, cotta a puntino, al sugo di pomodoro con un ‘zing’ di piccante donatole dal provolone grattugiato finissimo che ne sgrava l’assagio; coloratissima e pop la Melanzana cotta al bbq, pecorino e ‘nduja dal risultato un po’ opaco nonostante la sapidà degli ingredienti impiegati. Tra le Pizze classiche scegliamo la Marinara cosparsa da una miscela strepitosa di pomodori cotti al forno, olio all’aglio e un tocco di origano, connotata da una perfetta umidità, caratteristica che questa tipologia di lievitato non sempre possiede a causa di un impiego a volte insufficiente o eccessivo della salsa di pomodoro; tra quelle Signature, seduce per la grammatica dei sapori e la seguente digeribilità, quella all’anguilla affumicata adagiata su della mozzarella fior di latte, cipollotto fondente e salsa al sesamo. Concludiamo questo divertente intervallo con un’altra sfiziosità salata, consistente in tre tipi differenti di Montanarina Crunchy: la prima, più elegante e profumata, al Gambero rosso di Mazara, pomodoro marinato e tocchi di maionese al lime; seguono le più rustiche e stuzzicanti, Pancetta Capitelli e rafano e infine quella ‘Nduja e friarielli. La carta dei vini di Ultra risulta intrigante per la proposta di etichette ‘di nicchia’ che spazia tra Bollicine italiane e francesi, vini del territorio e Sake. Imperdibili i cocktail signature da fruire come aperitivo o da sorseggiare per l’intera cena.

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Questa interessante insegna, avviata da poco più di un lustro nell’accalcata Chinatown da Morena Cannone, ha portato una sfumatura di Sol Levante in città contemperandola con la nostra cucina italiana, in particolare pugliese e mediterannea, anche grazie allo Chef Angelo Pavone, tarantino doc, che ha al suo attivo varie militanze tra cui il Nobu di Milano e, in seguito, in quello londinese. Fondata nel 2018, Sotto sotto – Cucina in cantina condensa pietanze della tradizione con tocco un moderno e senza dubbio nipponico, che offre insieme a strepitose etichette di produttori di Champagne e grandi vini nazionali ed esteri con una cantina che raccoglie all’incirca 500 bottiglie che è anche possibile visitare, dando così la possibilità all’ospite di scegliere personalmente l’etichetta con la quale pasteggiare. Debuttiamo con delle Ostriche appena scottate con olio al sesamo, zenzero e salsa di soia agli agrumi e del delizioso Tonnetto tataky, affiancato a dei friggitelli grigliati dall’essenza verde e aromatica, pomodorini semi secchi, scalogno crispy e della stuzzicante salsa jalapeno che, con il suo tocco erbaceo lievemente piccantino, ne rinvigorisce l’assaggio. Tra i secondi piatti, appaga la gustosità della Tonkatsu, cotoletta di maiale, connotata da una corretta umidità e tenerezza delle sue carni, avvolta da dei fiocchi di panko che risultavano purtroppo poco grippanti, lasciando così qualche boccone purtroppo privo della loro corretta panure; elegante, netto ed esoticizzante, il trancio di Baccalà cotto a 60° con un infuso di latte di riso e zenzero e ravvivato da un ‘crumble’ di taralli che con la sua croccantezza dona maggiore spinta e profondità al piatto. Terminiamo con un corroborante Tiramisù da aspergere simpaticamente con dell’espresso in bricco. Carta dei vini vera e propria assente, ma narrata al tavolo da uno zelante personale di sala che altrimenti invita i commensali a seguirlo nella cantina che, come detto, ospita grandi e peculiari etichette.

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Nella residenziale e poco nottambula via Correggio, nei pressi dell’antica Fiera Campionaria, questa Glory POP è una recente e simpatica insegna accoglie, dagli inizi di dicembre 2023, con animo festante i suoi ospiti nella sala super colorata, rimbombante motivi di musica pop degli anni 80’, allestita con panchette e tavolini piuttosto ravvicinati ma che, tutto sommato, visto il clima conviviale e godereccio, non infastidiscono per la loro eccessiva contiguità. Il menù, qui in versione foglio di carta, funge anche allegramente da sottopiatto e propone parecchi bocconi sfiziosi come Bruschette assortite, Taglieri di salumi con schiacciatina, Frisella ai cereali con stracciatella, Focaccia con salmone affumicato, gorgonzola al cucchiaio e zest di limone, Schiacciata a base di mortadella IGP Modena, insalate miste e Parmigiana di melanzane; noi optiamo per le tenere e saporite Polpette di manzo affogate in un gustoso sugo di pomodoro Napoli di Casa Marrazzo ma connotato purtroppo da un’eccessiva sapidità e poi dello stuzzicante Pane Bruscato vestito da una appetitosa e scioglievole salsiccia toscana cruda, condita con capperini e senape in grani che ne perfezionano l’assaggio; concludiamo le sfiziosità con dei friarielli approntati con un tocco generoso di peperoncino sebbene non invadente. Le pizze sono proposte in due versioni: la classica napoletana (pop) ma dal cornicione non troppo vistoso e la Croccantissima da 180 grammi, simile alla ‘Scrocchiarella’ romana, che scegliamo in stile I quattro pomodori approntata con pomodoro Napoli Casa Marrazzo, datterini gialli e datterini rossi messi a crudo, pomodori arrostiti, olive taggiasche e basilico, che sorprende per l’estrema leggerezza dell’impasto e per l’armonia gustosa dei condimenti impiegati. Tra i dolci, trionfa l’immancabile Tiramisù e poi Cannoli siciliani, Cheesecake e Salame di cioccolato. La carta dei vini di Glory POP si articola con un tris di Bollicine, una decina di etichette di Bianco, una manciata di vini rossi. In lista, birre alla spina e Spritz; interessante la sezione dedicata al Gin Tonic.

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