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Mater Bistrot

Nel concitato food district di viale Premuda, alloggia da circa sette anni Mater Bistrot, un simpatico e super gremito locale contemporaneo avviato dallo Chef titolare Alex Leone, pugliese nato a Milano, che si destreggia con mano salda tra fermentazioni, conservazione sottaceto, divertissement e costante ricerca. Qui la cucina è anche a “zero spreco”: le bucce, gli scarti della frutta e della verdura, diventano poi kombucha e fondi vari. La sala – allestita con una trentina di coperti è connotata da finiture délavé e una piacevole illuminazione soffusa – è condotta dalla cordiale competenza di Federica Amato che propone interessanti Pairing con vini naturali, inusitati e artigianali. Iniziamo con una varietà di cicchetti composti da una gustosa e croccantina Insalata russa rivisitata, avvolta in una profumata foglia di shiso; delle Ostriche Fine de Claire riposanti nel grasso di pollo arrosto, cipollotto e salsa sirasha; poi della Ricciola cruda, con kiwi verde, e la sua bottarga; chiudiamo le entrées, con uno stuzzicante Katsu Sando ricolmo di lingua, salsa verde e teneri germogli. Proseguiamo con delle sapide Bombette di Mora romagnola Zavoli ingentilite da nivee perle di pecorino e salsa umeboshi; sfiziose le Polpette di cacciucco accompagnate da una salsina agropiccante; interessante la Scarola alla brace ingolosita da una crema di pinoli – forse presentata in quantità un filo eccessiva? – e mirtilli rossi disidratati. Sdilinquiscono gli Spaghetti Verrigni “come se fossero un pomodoro e basilico”, ma realizzati con polpa di ribes, il suo graspo e del glucosio che svelano nettamente la capacità tecnica del cuoco. Terminiamo con un “dolce poco dolce” come il Cremoso al cioccolato bianco, acidulato da una buona salsa al passion fruit, polvere di cappero, tuile croccante di sesamo e carbone. Carta dei Vini, come detto, densa di proposte interessanti e originali.

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Al civico 59 di Via Piero della Francesca, sorge Tempurateca: un angolo autentico di Giappone che rappresenta una fusione piuttosto armoniosa tra tradizione e modernità. Qui gli arredi puliti e minimali, in perfetto stile nipponico, sono in legno naturale come i bei séparé divisori per chi è in cerca di maggiore intimità e romanticismo; in sala un personale garbato e professionale, in primis Franco Hu, e la morbida illuminazione ingentiliscono la sosta. In questo viaggio nelle terre del Sol Levante, come facilmente intuibile, particolare attenzione viene dedicata alla Tempura sia di estrazione vegetale, sia di carne e di pescato; per gli appassionati di Ramen, vengono proposte diverse versioni allestite con brodi ricchi e noodles artigianali come il Tonkotsu, preparato con brodo tonkotsu, uovo, chashu, bambù marinato, cipollotto e alghe, che risulta piacevole e stuzzicante. Per cominciare l’esperienza abbiamo scelto vari Otsumami: la Radice di Loto marinata, la classica Insalata fredda di patate schiacciate, entrambe connotate da una opacità gustativa che le ha rese un po’ monotone; gustosa invece l’Insalata di polpo con cetrioli e salsa giapponese in gelatina; tristanzuolo l’Abalone penalizzato da una lenta cottura (e forse eccessiva?) in un brodo tradizionale allestito con soia, mirin, dashi fatto in casa, sake. Assaporiamo poi una gustosa versione di Ebi Moriawase (tempura di Gamberi) composta da mazzancolle, gamberi argentini e tropicali; scegliamo anche quella di bocconcini teneri e succulenti di Pollo, la migliore di quelle assaporate, poi quella di radici e di verdure assortite; purtroppo la Tempura di Carciofi presentava una trama del vegetale talmente coriacea e fibrosa che ne ha reso impossibile la masticazione. Concludiamo con del Mochi gelato allo yuzu e al mango. Carta dei vini comprensibilmente condensata a favore di una buona selezione di Sake.

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In un Palazzo Liberty degli anni 30, nell’avveniristico City Life District, dimora da una manciata di settimane questa insegna peculiare votata alla buona e inusuale cucina cinese fatta di ingredienti buoni, felici contaminazioni, accostamenti curiosi e lunghe cotture. Fresco di una recente e capillare ristrutturazione, allestito con scenografici lampadari e vestito di onirici affreschi, Altrove ci accoglie in grande spolvero per guidarci nell’affascinante esplorazione delle terre del Catai, affiancati dallo zelo appassionato del Maître e dal garbato personale di sala. Il menù, articolato in una quindicina di pietanze che includono carne e pesce, propone un oramai raro Abalone, che qui viene presentato nel suo bel guscio iridescente, tagliato a fettine sottili e insaporito da una stuzzicante gelatina di crema affumicata di peperoni verdi arrostiti; un filo prosciugati risultano invece i Gamberi, avvolti in uno scrigno di spinaci freschi, arricchiti da fili croccanti di taro e salsa al sesamo. Chiudiamo gli antipasti con un interessante Fiore Cristallino con salsa di tartufo nero, ossia una margherita i cui petali sono teneri germogli di bambù che riposano in un brodetto vegetale tirato, aromatico e stuzzicante. Da sussulto il Churro Cinese, bastoncini di pasta croccante fuori e soffice dentro caramellato ricolmi di succulenti gamberi tritati e carne di maiale in salsa di senape e gli spaghetti ai gamberoni adagiati su una deliziosa ‘bisque’ di fine esecuzione. Golosi i Fiori di zucca fritti mentre il Riso saltato Altrove, composto da perilla, alghe, tuorlo d’uovo salato, sesamo, risulta purtroppo abbastanza inaridito al boccone. Concludiamo questo bellissimo viaggio nella terra del Dragone, con una rimarchevole Panna cotta a base di tofu setoso alle mandorle cosparso da una delicata polvere di fragola e una Pasta di fagioli rossi della tradizione, con mandorle a lamelle, menta e crumble di frutta essiccata, entrambi non troppo zuccherini e connotati da un leggero punto di dolcezza, in perfetto e coerente clima orientale.

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In una vietta discosta, a qualche passo dal tramestio di via Washington, Maria Cristina Mazzone – figlia di Giuseppe, titolare dell’originaria insegna sorta in Viale Zara – circa un lustro fa, ha abbandonato una brillante carriera nel mondo della Pubblicità per riavviare nel 2019 l’attività paterna in questo raccolto e delizioso spazio dove potere degustare specialità enogastronomiche d’eccellenza provenienti da tutta Europa e non solo, da fruire nella bella saletta lignea del locale o bella impacchettata presso la propria abitazione. Questo scrigno ricolmo delle migliori materie, è frutto della meticolosa e appassionata ricerca di Maria Cristina Mazzone che l’ha portata in ogni dove per studiare, selezionare e proporre il meglio alla sua vasta e affezionata clientela. Ci accomodiamo nella saletta superiore dai toni e dall’illuminazione soft, allestita con una dozzina di posti a sedere, per godere della Proposta del Giorno dalla quale pizzicare un Antipasto, un Piatto principale e, a scelta, un Dessert o un assaggio di Formaggi. Debuttiamo con una buona Insalata Russa, cremosa e dalle verdurine belle croccatine, accompagnata da un uovo sodo purtroppo un filo penalizzato dalla sua temperatura polare, mentre il Crostino tiepido di pan brioche sovrastato da della pancetta rosa Villani strepitosa, ‘sgrassata’ a dovere da della salsa verde con una giusto punto di acidità, senape di Digione e crauti viola marinati, sdilinquisce a ogni morso. In perfetto clima natalizio, giunge il super comfort Cotechino e delle piacevoli Polpettine in bianco al profumo di Marsala, entrambi serviti con del purè di patate. Scegliamo due favolosi assaggi di Formaggio per concludere: il blasonato Baron Bigod, dalle raffinate nuances di nocciola al palato, battente bandiera britannica e prodotto nel Suffolk, nello stile di un classico Brie-de-meaux , e il burgundo Brillat Savarin, mitico cacio dalla pasta morbida, fondente e butirrosa. La carta dei vini vera e propria non esiste ma viene illustrata al tavolo dalla competente titolare che, a seconda delle inclinazioni e dei gusti dell’ospite, lo indirizza degnamente e alle volte – alleluia! -propone lui alternative e abbinamenti affatto banali.

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In zona Nolo, da qualche tempo coinvolta nel costante progetto di riqualificazione che ha reso l’area decisamente più trendy, già nel 2008 il giovane talentuoso Matteo Fronduti aveva incignato questa pregevole Insegna, precorrendo in tutti i modi la nuova tendenza edilizia e Gourmet che sta negli ultimi tempi furoreggiando in città. Oggi, abbastanza fresco di una valente e totale restyling, all’ingresso ci accoglie il bellissimo bancone del Cocktail Bar in cui vengono preparati, dal Mixologist Mattia Mizzi, Drink classici e Cocktail Signature, con appassionato entusiasmo e fruibili fin oltre la mezzanotte; ci accomodiamo poi in una delle belle sale vestite di solenni ed eleganti toni scuri, allestite con pezzi di design e immerse in un’illuminazione tenue che diviene prorompente solo sul piatto, donandogli l’assoluta centralità che merita. Possibilità di scegliere un percorso alla Carta, o optare per uno dei tre menù Degustazione: SEDICI, articolato in quattro passaggi, L’ALTRO, in sei e PORCHERIE, in otto. Scegliamo quest’ultimo e inizia il cardiopalmo vero grazie a una strepitosa Battuta di cuore, nocciole, senape ed erba ostrica, seguita da una Seppia cruda, guizzante in tutta la sua prorompente talassicità, che viene esaltata dal limone bruciato e dal midollo e controbilanciata da un tocco di melissa Giunge la robusta e super ‘comfort’ Trippa, cozze e fagioli e successivamente le Animelle e ostriche da sussulto; è la volta dell’ottimo Sgombro marinato, grasso di manzo arrosto, leche de tigre e arachidi. Opportuno, dall’effetto detergente e che rinfresca un poco le papille elettrizzate, il Gelato di tè hojicha, bottarga e pepe di Sichuan, denso di profumi. Super interessante il Rognone, ricci, gin e prezzemolo, lasciato ben croccante all’assaggio, restituendogli in questo modo tutto il tratto bruto e materico del quinto quarto. Concludiamo con delizioso e rassicurante Spaghetto in bianco, permeato da una spiccata nota acida, di alta scuola e della Frutta fresca di stagione. Carta dei vini molto articolata, con delle chicche e proposte sorprendenti.

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Nel vivace via vai di viale Coni Zugna, in zona Sant’Agostino, Alessandro Bonissone e Davide Ambrosini hanno avviato 7 anni fa Linearetta, una piccola Osteria con un focus rivolto principalmente al vino artigianale, con una “piccola cucina” per la quale, animati dall’intento di ristabilire una naturale connessione tra la città e la campagna, hanno selezionato prodotti di piccoli artigiani, come gli ortaggi provenienti da ‘Frutta in Campo’, frutteto biologico sito nella periferia milanese, o dalla ‘Cascina Fraschina Bio’ ad Abbiategrasso. Due sono i menù degustazione: articolato in tre passaggi, “il Sentiero” e in 5, “Alta Via”; scegliamo quest’ultimo seguendo in totale libertà ciò che impiatta il cuoco Filippo Di Terlizzi: iniziamo con una mezza Pastinaca purtroppo penalizzata dall’eccessiva aridità della materia e della sua esigua salsa a base di latte di mandorle e crumble di mandorle tostate, che asciugano troppo le fauci; proseguiamo con due gustosi Crostoni di pane di produzione della casa insaporiti da una salsa a base di yogurt colato, fichi della vigna di Alessandro Bonissone, misticanza e mosto cotto di Barbera. Giunge poi una porzione extra-size di Zuppa di zucca e patate condita con del formaggio filante, proveniente dalla Cascina Fraschina succitata, che risulta anch’essa troppo asciutta al boccone, fiaccando quindi il palato. Malleabile e appetitoso il bocconcino di Spalla di pecora dell’Azienda Agricola lombarda Bianchessi accompagnato da lenticchie. Concludiamo con un “dolcesalato” composto da del Salame di Capenardo, insaccato di montagna sopra Genova dei Macelli 44 e dello Storico Ribelle, quello che fu Bitto Storico, seguito da una Mousse di cioccolato fondente al 70%, granella di nocciole, chicchi di uva e sale dolce di Cervia. La carta dei vini di Linearetta è molto interessante per l’assortimento di etichette non convenzionali a prezzi corretti, integrata al tavolo dalla competenza del Patron Davide, sempre lieto di consigliare gli ospiti nella scelta del ‘pairing’ migliore.

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In prossimità del Tortona District, dove prima alloggiava Lob’s, Errico Porzio, maestro pizzaiolo napoletano di larga fama e nipote d’arte di un’antica famiglia di pizzaioli napoletani, capace e lungimirante imprenditore con all’attivo ben 15 pizzerie in tutto il centro e sud Italia, oltre due milioni di follower sui social media e 500 dipendenti, ha avviato da un paio di settimane circa questo simpatico e ampio locale con nove vetrine su strada e una settantina di coperti dove assaporare gustose pizze a prezzi popolari. Qui si impastano e sfornano in continuazione pizze di matrice classica partenopea, connotate da una stesura piuttosto sottile, un topping generoso allestito con buone materie prime e con un cornicione equilibrato che, a piacimento, può essere anche infarcito di condimenti assortiti. Dal menù, particolarmente ricco di proposte e fantasia, scegliamo il Tris di Montanarine miste, dalla trama aerea e dall’ottimo punto di frittura e costituito da: la Classica con pomodoro San Marzano, bufala e pecorino, la Genovese con Bufala e la Mortadella, con ricotta e abbondante granella di pistacchio. Optiamo poi per una Marinara, che sorprende per l’umidità e il bilanciamento del topping, in genere sempre purtroppo in deciso debito di pomodoro in questa versione, e la Diavola composta da Fior di latte di Agerola, Bufala, San Marzano, Salame Milano, peperoncino e basilico; entrambe connotate da un impasto a lunga e doppia lievitazione con ‘criscito’ alla napoletana, che risulta lieve al morso, digeribile e dalla cottura corretta. Cavallo di battaglia, oltre alle classiche succitate, sono i Poker: pizze un assortimento di quattro sapori, preparate poi in diverse e gustose coniugazioni; ottima e non scontata poi, la chance di fruire tutte le pizze presenti in Carta, anche in versione integrale e/o ai cereali, buona l’offerta dedicata a quelle Vegane e Gluten free. Carta dei Vini assente, narrata al tavolo, purtroppo un filo esigua ma si può optare per una manciata di Birre artigianali napoletane o tedesche, o altre classiche in bottiglia.

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Dal 1978 questo buon ristorante di schietta cucina toscana alloggia con immutata fierezza lungo il Naviglio Grande ed è divenuto una certezza rassicurante in una Milano sempre in transizione e cambiamento perenne di bandiere gastronomiche. I bellissimi interni delle due salette sono di un gradevole tono medievale e cristallizzati nel tempo, così come la gestione strettamente familiare passata da qualche tempo in mano a Marta, figlia dello storico fondatore Edgardo Sandoli, cuoco e personaggio ‘sui generis’ spinto da un trasporto tale per Montalcino, sua città adottiva e per il vino Brunello, che volle dedicare loro questa valente insegna. Qui la cucina, nel solco della tradizione, propone indefessamente specialità toscane, in particolar modo senesi, e carne in varie declinazioni (Tartare assortite, Scottiglia di cinghiale in umido, Bistecca alla Fiorentina, Chateaubriand di Scottona, Ribs di cinta senese glassate al miele di castagno, Guanciale di vitello cbt, Stracotto) che hanno contributo alla notorietà del locale, oltre alla recente aggiunta in menù, della Pizza, sottilissima e croccante. Scegliamo proprio quest’ultima in versione rossa per iniziare il pasto, che risulta stuzzicante e insaporita da pomodoro San Marzano, un tocco d’aglio e dell’origano seguita da una generosa (200 grammi) Tartare di Chianina classica, ricoperta da tuorlo crudo di uova Parisi e accompagnata da come, da repertorio, da salsine varie, cipolla rossa e capperi. Proseguiamo con della Pappa al pomodoro, vessillo imprescindibile della tradizione pop toscana, che conforta e avvolge ad ogni boccone e poi del Roast-beef, al giunto punto di rosa, in insalata e scaglie di Parmigiano. Concludiamo il pasto con dei buoni Cantucci e Vin Santo e del Sorbetto al mandarino. Carta dei Vini degna di nota e ben allestita, battente coerentemente bandiera toscana, con una buona sezione dedicata alle Bollicine nazionali e d’oltralpe.

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Nel residenziale quartiere di Citylife, purtroppo piuttosto lacunoso di insegne gastronomiche, il giovane ristoratore Francesco Zucchi Ricordi, già cuoco e founder del Rua, ha avviato in un elegante palazzo d’epoca del primo Novecento, appena da un paio di giorni ma già super frequentato, il ristorante Tite, un simpatico locale, con una trentina di coperti, votato alla cucina ‘pop’ e schietta del centro Italia, in particolar modo incentrato sulla Toscana, Umbria e Lazio, adiuvato nell’approntare l’idea guida della loro gastronomia, dal cuoco Alessio Algherini, di umbri natali e cresciuto tra le mura della trattoria dei suoi genitori e formatosi nelle cucine di Sergio Mei. Debuttiamo con delle sfiziose e scioglievolissime Polpette di carne bollita appena rosolate in padella accompagnate da una stuzzicante salsina verde, seguite da della Coppa di testa, dal sapore piacevolmente aromatico e penetrante (in lista anche altri insaccati di Cinta senese come il Capocollo, il Prosciutto crudo e il Lombo); deliziosamente robusti e rustici i Crostoni di fegatini di pollo, rinfrescati da una opportuna gelatina ambrata profumata al vin santo. Sempre battente bandiera Toscana, saporita e super «comfort» la Pappa al pomodoro, mentre dal Lazio, giungono delle saporite Mezze maniche al cacio e pepe, forse in leggero debito di salsa, dalla cottura ‘al chiodo’ e che sorprendono per la loro digeribilità; gli Scottadito di agnello conquistano per l’equilibrata umidità e tenerezza delle carni. Terminiamo questa bella incursione in Etruria, con il dolce più classico, rassicurante e trasversale di sempre: il Tiramisù. Carta dei vini per ora assente, ma in fase di allestimento, illustrata dalle valenti etichette riposte nella libreria e proposte con appassionato entusiasmo dal Patron. Servizio giovane ma attento e garbato.

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Di fronte a Piazza Tre Torri, nel prestigioso e avveniristico CityLife District, alloggia dal 2006 Feel, felice insegna di cucina ‘fusion’ di impronta cinese con larghi tocchi nipponici timonata da Stefano Hong Yu Zhao, giovane discendente di una famiglia originaria di Zhejiang, che ha la ristorazione nel sangue e che, 30 anni orsono, aveva avviato una delle primissime gastronomie orientali in zona Moscova. Il locale, dai toni chiari, è sobriamente elegante, si articola in due belle salette con comode sedute, candele e luci tenui e ospita una settantina di posti a sedere dove si muove il premuroso ma mai invadente Stefano e il personale super garbato. La cucina, come accennato, accosta con scioltezza pietanze della cucina classica mandarina a quelle nipponiche (ha la selezione di Roll più vasta in città), impiegando buone materie prime cucinate rigorosamente ‘espresse’. Debuttiamo con una Specialità al cucchiaio che ospita della ricciola allestita con salsa miso allo yuzu, rafano fresco (una rarità), avocado che gioca su un bilanciato e ‘umamico’ contrasto agrodolce – piccante risultando gradevole e davvero stuzzicante all’assaggio; proseguiamo con i Samurai Stick, deliziosi e croccanti bastoncini di sfoglia fritta che avvolgono succulenti gamberoni ed emamane, da intingere in una sorta di salsa cocktail piccantina; il Pollo sdilinquisce con la sua morbidezza e l’aurea, golosa e profumata crema al cocco e curry; altrettanto appetitoso il Manzo al peperoncino; gli Spaghetti di soia, cotti a puntino, sono insaporiti da peperoni dolci, carne trita di maiale e un tocco di salsa di soia che conferisce loro una congrua sapidità. Terminiamo con una degustazione di Sushi e Sashimi connotata da un’ottima cottura del riso e che trova la sua massima espressione negli Involtini di alga con ripieno di gamberoni. Completano la sosta, gelati e Ice Mochi in varie declinazioni. La carta dei vini di Feel propone una valida offerta di etichette nazionali ed estere, una sezione dedicata alle Bollicine, il tutto a equi ricarichi.

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