In uno dei crocevia pulsanti di Milano, c’è un ritrovo autentico che incarna l’essenza di Tokyo: Kanpai. Situato nel quartiere di Porta Venezia, questo izakaya dall’atmosfera moderna rappresenta il frutto di una passione sincera e profonda per la cultura giapponese del ristoratore Josef Khattabi. Il suo Kanpai – parola usata dai giapponesi per brindare – sembra il luogo perfetto per l’anima cosmopolita della città, dove condividere cocktail d’ispirazione orientale e sakè, mentre si assaporano i piatti della tradizione giapponese cucinati con un tocco di creatività e, a volte, italianità.
In cucina il giovane Alessandro Nulvetti, esperienze con Matias Perdomo, Luigi Taglienti, ma anche con Alléno a Parigi, propone piatti dai quali emerge una varietà di esperienze culinarie, pur focalizzandosi principalmente sui sapori tipici di una “trattoria” giapponese (appunto un izakaya). Dal menù, suddiviso in Zensai (antipastini), Otsumami (piatti di condivisione) e Shusai (piatti principali), si possono assaggiare golosi bocconi come la Costoletta di ricciola panata, con una croccantezza dorata che riesce a preservare l’umidità e la morbidezza del pesce, la guancia della stessa ricciola, che ruba maggiormente la scena con un succulento boccone cotto alla brace, impreziosito dal gel di bergamotto fatto in casa che riequilibra la componente grassa con una nota di acidità molto persistente. Tra i piatti celebri del locale poi ci sono le Bombette Tsukune: una rivisitazione della tipica bombetta pugliese che incontra sapori tipici d’Oriente, ossia polpette di maiale, cavolo, tamari e crepinette con chimichurri all’umeboshi e shiso verde. Il reparto cocktail è guidata Vito Laselva e la drink list si incentra su sentori e ingredienti orientali. C’è un occhio di riguardo al Sakè, al Whisky e al Gin giapponesi e non manca una piccola selezione di vini naturali italiani e internazionali. Il servizio di sala completa l’esperienza sapendo elargire consigli in base ai gusti del commensale.
Nella zona che si estende dalla fine di Paolo Sarpi e Piazza XXV Aprile, tra gli anonimi ristoranti etnici di quartiere, c’è una nuova e autentica oasi giapponese che non passa inosservata. Nell’insegna c’è scritto Emoraya – nella cui parola dovrebbe essere contenuto il termine “emozionare” – e si tratta di un izakaya gestito da Takato Sato, premuroso e sorridente direttore di sala, e Shun Himeno, in cucina, entrambi provenienti dalla rinomata Gastronomia Yamamoto. L’ambiente è arredato in pieno stile giapponese -essenziale e moderno – con qualche tocco occidentale.
I piatti sono eseguiti con tutti i crismi imposti dal rigore della cultura nipponica, a cominciare dalla selezione del prodotto giornaliero alle tecniche utilizzate: qualità che traspare in maniera cristallina in piatti come il Kaisen Don, una ciotola di riso con filetti di pesce crudo, aromatizzati con salsa di soia e zenzero, come la Palamita scottata – magnificamente – in stile tataki servita con insalatina e salsa “tonnata” e, per finire, come la specialità dello chef: l’Una Don, ossia l’anguilla laccata in salsa teriyaki, su letto di riso, una delle migliori esecuzioni dell’anguilla che si possano trovare a Milano che per l’abbondanza della porzione servita consigliamo almeno per due persone. Anche i piatti apparentemente più semplici sono realizzati con cura, come la Potato salad, servita con l’uovo barzotto marinato, cetriolo ed erba cipollina. Se si vuole avere un’idea completa di quanto offre questa tavola si può prenotare il menu degustazione di otto portate a 80 euro che viene servito al bancone dello Chef. Carta delle bevande contenuta ma interessante con sakè, birre giapponesi, vini italiani e francesi, e tè.
Yoji Tokuyoshi ha trasformato il suo omonimo ristorante in qualcosa di nuovo, dal concetto interessante e dalla proposta brillante. La Bentōteca è un wine bar con gastronomia giapponese sebbene sembrerebbe più appropriato l’appellativo di izakaya moderna, nella medesima location (ancora più curata e trendy di Tokuyoshi, grazie all’ampliamento della sala). Oltre al servizio delivery/take away , Bentōteca offre un menu semplificato per il pranzo e uno più articolato e assortito per la cena. Il comune denominatore è il prezzo, che possiamo definire contenuto, soprattutto per la qualità del piatto. Una full immersion nei sapori del Giappone quella con gli iwashikatsu (ossia sarde fritte) con potato salad giapponese o il katsusando di lingua e maionese verde. Ultra-golose le animelle karaage e asparagi bianchi fritti, per terminare con il piccione cotto intero con salsa alla sardella piccante calabrese e cipolle, semplicemente da applausi. Il servizio è spigliato e informale e pronto a consigliare anche sulla scelta dei vini, la cui selezione di etichette è molto interessante e spazia tra Italia e resto d’Europa.
Una nuova recente apertura in zona Porta Romana. Ambiente minuscolo, un vero e proprio Izakaya giapponese, con pareti tappezzate da immagini dei film del celebre Hayao Myazaki. In cucina due giovani e autentici ragazzi che vi sforneranno Nigiri, Gunkan, Chirashi, Yakitori, ravioli e Gyudon molto buoni, forse solo lievemente troppo dolci e poco contrastati. Cantina inesistente. Ideale per un pranzo o cena veloce ma autentica.
Un’ambientazione molto elegante e raccolta; un servizio di prim’ordine, gentile e cordiale; una cucina che – come un vero izakaya giapponese – propone audacemente perfino qualche rivisitazione, o integrazione modernista. E benché tutti i prodotti siano qui di primissima qualità, è lo sterminato, immenso mondo del sakè a trovare qui una casa, e mettersi a completa disposizione di un ospite che, se non fosse per il solerte servizio, sarebbe in ragionevole difficoltà a orientarsi. Qui trovate anche la possibilità di corsi base e avanzati, addirittura con permanenza di 10 giorni in Giappone, per diventare sommelier di Sakè! Il conto? Può essere anche un po’ alto, ma ne vale certamente la pena. Un’ultima cosa: non mancate, per nessun motivo, il ramen: è tra i migliori della città!
L’izakaya, in Giappone, è una tipica tavola dove condividere piatti tradizionali e, magari, sorseggiare un ottimo sake. La fine della giornata dei milanesi contemporanei potrà avere un esito molto simile a quello del giapponese grazie a Kanpai (che tradotto significa infatti Salute o, à la santé) nuova insegna in zona Porta Venezia nata dalla passione di tre soci per il paese del Sol Levante. A tal proposito va detto che Kanpai non è solo cucina tradizionale giapponese ma un salto vero e proprio nelle strade di Tokyo, con elementi iconografici che, ovunque, fanno rivivere l’autentica vita metropolitana. La cucina propone diversi piatti, tante tecniche di cottura e marinatura, con il tocco innovativo della chef Jun. Niente sushi ma una proposta di sashimi e piatti semplici, oltre ad un’ampia proposta di sake e, volendo, ottimi cocktail. Tra i piatti, meritano una menzione la ciotola di riso con la melanzana cotta in tre tempi, lo sgombro marinato in aceto di riso e la Kanpai soba.
Un altro Giappone è possibile, in questa autentica izakaya (trattoria, in giapponese) a pochissimi passi da Piazza Missori. O, meglio, gastronomia, esattamente come promesso dal nome: né più né meno. A gestirla, Aya Yamamoto con sua madre Shih Chy Yamamoto, entrambe in Italia da molto tempo, da molto tempo consulenti delle migliori insegne nipponiche in quel di Milano. In cucina, si muove abile Yasushiro Masumoto, già al timone di Osaka e Takara Sato. Con uno staff come questo, pur nella complessiva e rassicurante semplicità dell’offerta, impossibile non far caso alla cura, a tratti maniacale, dei dettagli che compone questa cucina gustosa, elegante e di mercato. Per orientarsi nella proposta, affidatevi ai consigli del personale di sala: non ve ne pentirete.