Prototipo della trattoria old school, Da Giannino porta a Milano l’Abruzzo in tutta la sua vivacità e veracità. Gusto e semplicità sono le parole d’ordine: numerosi piatti della tradizione abruzzese, come gli anelli alla pecorara e la squisita chitarra alla mugnaia, nonché gli immancabili arrosticini serviti nella tipica brocca di terracotta. Una cucina vera, buona, saporita, senza fronzoli – quella gustosa della nonna, per intenderci – che conta veramente pochi eguali in un territorio milanese ricolmo di un’affettata quando non forzata raffinatezza, spesso mal riuscita. Una vera chicca da compagnia, considerato il rapporto qualità-prezzo – ormai quasi dimenticato nel modaiolo capoluogo lombardo – e l’ambiente informale, reso ancor più conviviale da una finale carrellata di amari, per rallegrare anche le giornate più buie.
Quella di Porta Romana è recentemente diventata una zona ad alta vocazione gourmet. Ne è un esempio questo piccolo ristorante in via Corio, localizzato difronte al capofila delle “trattorie” non solo di Porta Romana, ma della città tutta: il pluricelebrato Trippa. Una decina di piccolissimi tavolini, stretti tra loro, con sedie di dimensioni analoghe, in una sala dall’arredamento essenziale e dai toni chiari, orientaleggianti. E invece, il motore della cucina qui è il sud Italia, più precisamente la Sicilia e i classici isolani, come il macco di fave novelle, l’insalata di polpo come alle Eolie, arancini al ragù, tenerume saltato con aglio, pasta con le sarde, biancomangiare alla mandorle. Primo punto di forza della proposta sono le paste fatte in casa, molteplici e tutte degne di nota. Non allo stesso livello però è l’arancino, né la Stigghiola, meno decisa nel sapore di quanto non sarebbe lecito aspettarsi. Di livello ben sopra la media la carta dei vini che, benché settata sul modello della piccola trattoria, offre chicche interessanti. Ben bilanciati i prezzi.
Un ristorante che racchiude, già nel nome, la sua essenza. Il locale è suddiviso in due zone, una calorosa sala interna e una vivace e animata parte esterna, dove c’è un giardino che, per l’appunto, grazie a un’adeguata copertura permette l’utilizzo dello spazio durante il corso di tutte le stagioni. Il menu offre i classici della cucina italiana, sia di mare che di terra: si va dall’insalatina di scampi ai salumi, dagli spaghetti con le vongole alla fiorentina. Sia nella presentazione dei piatti che nel servizio, questo ristorante permette di condurre un’esperienza classica, dai tratti quasi vintage. La carta dei vini è ampia e offre grandi classici.
Concreto, trasversale, rapido, goloso e centralissimo. Sono i primi aggettivi che vengono in mente dopo un pasto alla Locanda Perbellini. Il bistrot del grande chef veronese funziona come una macchina da guerra e sta riscuotendo grandi consensi dai milanesi. Sarà per l’ubicazione. Sarà per il prezzo. Sarà perché si pranza, e si cena, a un ritmo incalzante. Ma forse il segreto sta proprio in una cucina che riesce ad unire rotondità ed equilibrio nel gusto e nelle proporzioni, non rinunciando a preparazioni gourmet con reinterpretazioni intelligenti e personali di piatti iconici della tradizione come gli gnocchi pomodoro e mozzarella o lo spaghetto aglio e olio (in questo caso con olive, capperi e acciughe). Dolci, ça va sans dire, golosi e appaganti (da provare, su tutti, la millefoglie alla vaniglia). La carta dei vini è volutamente ridotta ma le etichette interessanti – a buon prezzo – non mancano. Gli spazi sono un po’ angusti, ma tra i tavoli si aggira un servizio rapido ed efficace.
A ridosso dei Navigli, Nebbia è una tavola assimilabile al genere delle trattorie contemporanee, in grado di coniugare prodotti regionali italiani con preparazioni moderne di indole più cosmopolita. L’ambiente, asettico ma pieno di dettagli, richiama il minimalismo dei locali scandinavi ma la proposta è ancorata a sapori fieramente italiani, con piatti golosi che sfoggiano erudite contaminazioni, frutto del bagaglio dei tre ragazzi che stanno dietro a questo progetto. Grande l’attenzione alla selezione e alla lavorazione dell’ingrediente, che la fa da padrone in piatti come la ricotta al forno con zucca e verdure, nel sashimi di tonno con jalapeño, lime e coriandolo o nel cosciotto di agnello alla brace cotto (quasi crudo) sull’osso. La carta dei vini è breve ma ben congegnata. Il servizio ci sembra un po’ freddo e, sulle tempistiche, siamo ancora in una inevitabile fase di rodaggio. Ma la sensazione d’insieme è, chiaramente, più che positiva.
Atmosfera ‘vecchia Milano’ (boiseries d’antan alle pareti, tavoli piccoli e ravvicinati, servizio veloce ma simpatico) per questa storica trattoria che, dal 1921, propone cucina sabauda in terra meneghina. Oltre ad alcuni imprescindibili classici locali, risotto con pistilli di zaffereno e costoletta
impanata nei grissini, sfilano, come evergreen, agnolotti con sugo di Fassona, vitello tonnato, bollito alla piemontese. La mano è buona, la materia prima pure, di soddisfazione gli esiti nel piatto, seppure senza particolare verve. Dolci di tradizione. Piccolissima – e migliorabile – carta dei vini. Colazione di lavoro a 22 euro. Conto, alla carta, sui 45 euro.
Un piccolo avamposto enogastronomico dei Colli Tortonesi nascosto tra i locali del vivace quartiere Ravizza/De Angeli. L’Anlot propone, appunto, una vasta gamma di agnolotti – suddivisa per formato, condimento e farcia – qualche dessert con eccellenze piemontesi, come la pesca di Volpedo e i Baci Dorati di Vercesi, e le più rappresentative etichette enoiche di quel territorio. Per cominciare salumi e formaggi non mancano ma ci si sbizzarrisce con 28 combinazioni possibili di agnolotti, tra i quali c’è sempre uno special del giorno, come gli agnolotti ripieni di baccalà con pomodorini, cucunci e olive taggiasche, ben eseguito e dal gusto netto. Sfiziosissima la versione fritta da mangiare come finger food. Ci sono due piccole salette e il servizio è rapido. Disponibile anche il servizio di asporto.