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Trattoria del Pescatore

Rientra tra i locali classici della ristorazione sardo – milanese questa Trattoria del Pescatore: lo si percepisce già dalla difficoltà di trovare un tavolo. Una trattoria senza fronzoli, di quelle coi tavoli vicini e l’organizzazione della sala confusionaria. Il filone di pane che dà il benvenuto, posto al centro del tavolo, lascia presagire la convivialità e l’informalità del locale e, al contempo, la sua fragranza anticipa la qualità delle pietanze. E difatti il coronamento del pesce fresco, esposto all’ingresso del locale, è nell’esecuzione dei piatti più classici. Non ci sono rivisitazioni o guizzi personali ma l’estrema classicità sfocia in realizzazioni quasi dimenticate, come gli spaghetti al cartoccio. Un cult il loro astice alla catalana. Il servizio è a tratti scorbutico e scostante, ma quasi lo si dimentica alla prima forchettata.

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Haruo Ichikawa è noto alle cronache milanesi come colui che ha contribuito, con la sua cucina giapponese, a far arrivare la stella michelin al ristorante Iyo. Da qualche mese Ichikawa lavorava ad un nuovo progetto: creare il proprio atelier per proporre una autentica e non contaminata cucina giapponese, di alto livello. Pochi tavoli e un bancone con 8 posti a sedere per godere di un menù omakase da 80 euro a persona, un tripudio di piatti della tradizione giapponese, di sashimi e sushi fatti e presentati ai commensali un pezzo alla volta. Dobbiamo dire che le premesse sono confortanti, ma avendo visitato il locale in soft opening (l’apertura ufficiale sarà a settembre) non ci sentiamo ancora di sbilanciarci. Tutto buono, ma ancora molto migliorabile. Un indirizzo però che promette, almeno sulla carta, di incrementare sensibilmente la qualità del sushi a Milano.

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Il Bar Quadronno è una delle istituzioni della Milano da bere (e da mangiare). Uno di quei luoghi di culto della città che sforna, dal 1964 – in pieno boom economico e nell’omonimo quartiere alto-borghese tra Porta Romana e Missori – degli inconfondibili panini con affettati e formaggi ricercati e salsine di svariato tipo, antesignani del panino gourmet cui siamo oggi abituati. Interni in legno anni ’60-’70, grande bancone bar, ricevitoria e tabacchi. Pochi e piccoli tavolini ma i panini speciali, anche senza un particolare sforzo, sono sempre al passo coi tempi. Croccantezza, morbidezza e temperatura sono i connotati di questo panino che viene farcito, al contempo, con azzardo ed equilibrio come il Praga Completo, con prosciutto di Praga, caprice e patè di selvaggina, oppure l’iconico Quadronno con lingua, pomodoro, tabasco e salsa speciale della casa. Interessante anche la selezione di tartine con conserve e affumicati di pesce. Ma c’è anche spazio per bottiglie di champagne mainstream. Un tuffo nel passato, ma senza tempo.

L’ultimo di una lunga catena che ha invaso la città, ma non solo – Temakinho vanta aperture a Londra, Ibiza e Formentera. La formula, che è stata l’antesignana della cucina nippo-brasiliana, sbarca oggi anche a Porta Romana e lo fa in un ambiente modaiolo, molto à la page, con una cucina colorata, che chiaramente supporta l’ambiente ma che sembra, a onor del vero, arrivare un attimo dopo. Da quando le aperture sono infatti prolificate in lungo e in largo nel capoluogo meneghino, la qualità, prima davvero elevata, della materia prima e dell’esecuzione ci sembrano a onor del vero essere un po’ scese di livello. Resta un luogo ideale, comunque, per una serata immersi nella modaiola Milano da bere. Buona la bowl di chiriasci misto e ottimi i roll, discreta la selezione dei vini e ambiante top per una serata divertente.

Quella di Porta Romana è recentemente diventata una zona ad alta vocazione gourmet. Ne è un esempio questo piccolo ristorante in via Corio, localizzato difronte al capofila delle “trattorie” non solo di Porta Romana, ma della città tutta: il pluricelebrato Trippa. Una decina di piccolissimi tavolini, stretti tra loro, con sedie di dimensioni analoghe, in una sala dall’arredamento essenziale e dai toni chiari, orientaleggianti. E invece, il motore della cucina qui è il sud Italia, più precisamente la Sicilia e i classici isolani, come il macco di fave novelle, l’insalata di polpo come alle Eolie, arancini al ragù, tenerume saltato con aglio, pasta con le sarde, biancomangiare alla mandorle. Primo punto di forza della proposta sono le paste fatte in casa, molteplici e tutte degne di nota. Non allo stesso livello però è l’arancino, né la Stigghiola, meno decisa nel sapore di quanto non sarebbe lecito aspettarsi. Di livello ben sopra la media la carta dei vini che, benché settata sul modello della piccola trattoria, offre chicche interessanti. Ben bilanciati i prezzi.

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