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Biga Milano

Qui l’equitazione non c’entra; nel quartiere Moscova di Milano l’insegna di questa pizzeria recita tutta una filosofia di preparazione. Biga non è solo il nome del locale, ma è il nome di un’impasto semi-liquido che prefermenta prima di essere aggiunto all’impasto finale. Una sorta di matrioska da panetteria. Questa scelta, fatta dal pizzaiolo Simone Nicolosi, fa sì che dal suo forno escano pizze facilmente digeribili, in stile napoletano, con il tipico cornicione gonfio e alveolato, e una struttura centrale che si integra con gli altri ingredienti rimanendo sostanzialmente soffice, cremosa al palato.

Il locale, dai toni chiari e puliti, si suddivide in una saletta principale e un corridoio che porta al forno a vista. L’arredamento è moderno, fermo restando che qui e lì spuntano tavoli di marmo a ricordare le tradizionali pizzerie napoletane. Tra gli assaggi migliori meritano senza ombra di dubbio di essere citate la Margherita Sbagliata (con pomodorino datterino giallo e rosso, cialda di parmigiano e basilico fritto) e la Nerano.

Ma il menu abbonda non solo di pizze, ma anche antipasti e dolci.

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In pieno centro, a pochi passi dal Duomo e dal quadrilatero della moda, ha aperto da qualche mese una nuova sede della “mini catena” Pizza Italiana Espressa. Nella vasta offerta di pizzerie milanesi, essa si distingue per la possibilità di poter scegliere l’impasto e tutti gli ingredienti della farcitura a proprio piacimento. Per i più indecisi ci sono una decina di combinazioni consigliate dalla casa. Lo stile della pizza è napoletano, con il cornicione alto e soffice, l’impasto risulta morbido e abbastanza leggero, gli ingredienti impiegati per il condimento sono ricercati e di buona qualità. C’è qualcosa da migliorare nella cottura, in alcuni casi poco uniforme con alcune parti troppo cotte (con il classico sapore amarognolo). Oltre alla pizza c’è la possibilità di comporre anche delle insalate e di gustare dei semplici dessert. Il servizio è attento e disponibile, modesta ma ben strutturata la proposta delle birre.

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Un locale colorato e rumoroso dall’atmosfera gioviale, sempre allegra; nei pressi della Madonnina, un’oasi dalle pareti gialle e con arredi sgargianti e folkloristici che rimandano alle isole caraibiche. Si viene accolti dal benvenuto del team: prosecco e panuozzo. Il menu sottolinea la volontà di Pometto di abbandonare il “rebelòt che altera il gusto” puntando ad una semplicità dimenticata. L’offerta, infatti, è ridotta a tre classici: Margherita, Marinara e Delicata Bianca Special. L’impasto, lievitato 48 ore, risulta molto digeribile, a volte un po’ indietro di cottura. Una pizza dai cornicioni non alti ed alveolati ma bassi e con un’accennata gommosità, affatto sgradevole. I sapori sono decisi, la semplicità esalta la qualità della materia prima ove l’immancabile spolverata di Parmigiano accentua la sapidità. Ottimo rapporto qualità prezzo, e possibilità di scegliere tra birre classiche e meno note, tra cui gli immancabili amari Pometto.

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Pizzeria non convenzionale. Cocciuto è un’interessante novità nel panorama delle pizzerie milanesi. Aperta nel quartiere del design e della moda, si cala nel contesto nel migliore dei modi: grandi vetrine, ambiente elegante, luci soffuse, arredamento vintage, un’esperienza nell’esperienza. La pizza è napoletana, cornicione alto, impasto soffice e cottura nel forno elettrico. Diverse le proposte nel menu a partire dal fritto napoletano (leggermente unto), passando per alcuni piatti semplici, fino – ovviamente – alla pizza, classica “canotto”. La scelta degli ingredienti è di qualità: presidi slow food e attenzione alla materia prima sebbene l’impasto della pizza prevarichi sulla stessa. Interessante la selezione dei vini, un po’ meno quella delle birre. A quanto pare un nuovo Cocciuto è in fase di apertura in zona Corso Lodi.

La famiglia Sorbillo a Milano ormai ha trovato una casa ampia ed accogliente. Questa insegna è una delle tre centralissime pizzerie del pizzaiolo napoletano (l’altra, Olio a Crudo, è nel cuore della zona Tortona). Il menu è diverso dalle altre insegne della catena. C’è una scelta di antipasti con qualche fritto, qualche volta troppo unto e poco croccante, e qualche piatto di mozzarella e affettati, qualche insalata, tre primi piatti – tra cui dei discreti gnocchi al pomodoro – e poi ci sono le pizze, che recano i nomi delle regioni dello Stivale. La pizza Sicilia, con acciughe, cucunci, tuma persa e pomodorini presenta ingredienti di buona qualità, con un disco a ruota di cavallo e cornicione poco pronunciato. Una pizza piacevole in un contesto un po’ rumoroso ma ai piedi del Duomo. Il servizio regge ritmi frenetici ma a volte è anche troppo sbrigativo.

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Dimenticate ogni velleità (gourmet) voi che entrate. Giovanni “Nanni” Arbellini, 30 anni appena compiuti, dopo aver appreso il mestiere da scugnizzo, a Napoli, a 18 anni si trasferisce a Milano dove segue le aperture di Rossopomodoro, anche a Tokyo, ed entra nelle grazie dei milanesi col format Briscola – Pizza Society. Ma è con Pizzium che vi si consacra. Qui sviluppa infatti una pizza diversa da tutte le altre: buona, semplicemente buona, d’ispirazione partenopea e popolare, com’è nata. Margherita o Marinara, certo, ma anche declinata a livello regionale, come la Puglia, con pomodorini gialli, stracciatella e olive nere o la Lazio, una sorta di Carbonara capace di combinare ludibrio ed equilibrio. Una manciata di etichette, tra di vini naturali e birre, chiude il cerchio.

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