Questa ormai celebre insegna porta il soprannome di Don Giuseppe Gervasini, “el pret de Ratanà” e taumaturgo, che ebbe i suoi natali proprio nel quartiere “Isola” e che curava gli afflitti con l’impiego di erbe medicamentose coltivate nel suo brolo. Dal giorno del suo avvio, nel 2009, il Ratanà dimora al piano terra della sede della Fondazione Riccardo Catella, in un affascinante villa Liberty, ove all’ingresso, si palesa un mirabile bancone realizzato con il marmo del Duomo di Milano recuperato nell’atelier di un artigiano della città. Cesare Battisti, cuoco e anima di questo luogo, persegue l’intento di fare conoscere e apprezzare la sua cucina che interpreta in chiave contemporanea e tocco schietto, i piatti della tradizione e della memoria lombarda con il rigoroso impiego di selezionate materie prime di estrazione. Iniziamo la nostra visita alla tavola di Cesare Battisti “senza pensarci troppo”- come in modo confacentemente suggerito sul menù – con dei classici Mondeghili serviti in un simpatico cono di carta paglia dal cuore umido e morbido connotati da un esotico zing di spezie, e una raffinata e acidamente guizzante Trota di montagna marinata con finocchietto e arancia, crostini di pane nero e coleslaw. Assaporiamo i Culurgiones farciti di carne di ossobuco con accanto il suo osso e il suo midollo: piatto decisamente interessante per l’intento “fusion” dato da Battisti, che compenetra l’anima di Sardegna della pasta col cuore di ripieno di carne di matrice meneghina. Segue l’Anguilla in tecia: un filetto di anguilla laccato al balsamico e alloro, col pomodoro proposto sia ristretto sia arrosto, in un corretto esercizio stilistico permeato da contrasti, consistenze e acidità non troppo osée. Terminiamo il pasto con un’esaltante Pera e polline composto da una pera cotta speziata e il suo sorbetto, sbrisolona al polline, cremoso di yogurt e pralinato di nocciole.
Negli stessi spazi, opportunamente ristrutturati e riorganizzati ove prima alloggiava l’”Acero Rosso”, una pizzeria-ristorante “di quartiere” di lungo corso sita alle spalle del Cenacolo Vinciano, ora si distingue questa nuova e soffusa insegna che offre pregiati tagli di carne in tutte le sue declinazioni, e di varia provenienza, serviti con volenterosa dimestichezza dal garbato personale di sala. Debuttiamo da Beef Club con una Catalana di filetto di manzo dadolato e marinato reso più gustoso dall’impiego di croccanti pomodori camone -purtroppo non soventemente utilizzati in altri ristoranti- cipolla rossa di Tropea, sedano e profumato basilico, accompagnata dal grazioso Beef Sashimi, consistente in uno scioglievole carpaccio di filetto di Fassona insaporito da salsa ponzu, chimichurri, scaglie di tartufo nero e fiori eduli. In lista varie sfiziosità tra cui la Tomahawk Steak Irlandese, la T-Bone e il Filetto di Scottona Bavarese, la Bistecca di Picanha scaloppata, l’Hamburger di Black Angus o Vegano e via via preferendo; come recita il menu di Beef Club “dalla Brace”, scegliamo una succulenta Tagliata di diaframma marinata al Whiskey e miele e delle polpose e appaganti Sovracosce di pollo accompagnati a scelta da ben quattro varietà di purée, patate arrosto o fritte e selezioni di vegetali secondo stagione. Concludono il desinare, robusti e piacevoli dessert della tradizione coerentemente in linea con l’estrazione materica del prodotto offerto. Carta dei vini non troppo articolata, prettamente battente bandiera nazionale, eccezion fatta per qualche bollicina francese e gradevole l’offerta anche delle “mezze bottiglie”.
Nell’iconico contesto boho-chic di Brera, al civico 32 di via Fiori Chiari, IT Milano schiude la sua elegante soglia accogliendoci con garbo in una lounge dai toni soffusi per fruire, prima di cena, un aperitivo allietati da ottime soundtrack. Proseguendo poi nel grande salone allestito con una scenografica cucina a vista, ad accoglierci è una proposta, di stampo fusion mediterraneo, ideata dallo chef Nino Di Costanzo, due stelle Michelin, che nel 2020 ha assunto le redini in veste di Direttore dei ristoranti del Gruppo IT e ha al suo attivo insegne anche a Ibiza, Londra, Porto Cervo, Tulum e Mykonos. Il menu è composto da una particolare sezione dedicata ai crudi di pesce allestiti in trionfali Plateaux arricchiti, a piacere da astice blu o aragosta o da una selezione di caviale Beluga, Siberian, Oscietra, oppure proposti in carpacci e tartare. Tra gli antipasti cotti, sempre di matrice tradizionale, scegliamo un’Insalata di calamari e carciofi ove il vegetale viene proposto sia crudo a lamelle che cotto la cui palatabilità conclusiva viene inficiata dai molluschi troppo “gummy” e optiamo poi per una Pizza al caviale consistente in una sfoglia azzima molto sottile e crostigliante al palato condita con ricotta, caviale, tuorlo di uovo e cipollotto. Scegliamo di proseguire la sosta con una imponente Costoletta di vitello orecchio di elefante servita con insalata di pomodorini e patate al forno. Terminiamo con un goloso Tiramisù con crema di gelato al caffè, altrimenti in lista proposte di frutta fresca e sciroppata, sorbetti, gelati e torte del giorno. La carta dei vini dispone di una selezione di vini al calice e un’accurata offerta dedicata alle bollicine italiane ed estere, oltre a grandi etichette.
Il progetto di Maré parte dalla Romagna, più precisamente a Cesenatico, nel 2010, e approda dal 2021 sulle sponde del Naviglio con l’intenzione di portare a Milano l’autentica cucina di mare romagnola. Si comincia con dell’ottima Piadina, impastata con acqua di mare come da antica usanza dei pescatori, servita calda al posto del pane, e dalla qualità già emerge quanto siano concreti i propositi. Il menù abbina con destrezza i capisaldi della cucina tradizionale romagnola ad una materia prima marittima di buona qualità proveniente da selezionati produttori del territorio; è questo il caso dei vari “piattini” – volti alla condivisione – come le Alici marinate, squacquerone, giardiniera e piadina fritta o il Salmone, insalata russa invernale, mele e pan brioche o ancora i Cicchetti in versione fritta: cozze fritte, crostacei pastellati, Milanese sandwich o in versione “Maré”, a base di polpo, alici e salmone. Da tradizione non possono mancare i piatti di pasta: dai Cappelletti 4p – panna, prosciutto, ponzu, parmigiano – fino ai gustosissimi Passatelli con vongole, porcini e spinaci. Tra i secondi ” di mare”, spicca il Calamaro ripieno con catalana di pomodori, dalla cottura ottima. Non manca qualche proposta “di terra” dove l’Emilia Romagna si manifesta ancora con una selezione di Salumi locali emiliani e la Guancia di vitello brasata al Sangiovese, purè, mirtilli e crema fritta. Unica pecca è la sezione dei dolci che è parsa meno curata e stuzzicante rispetto al resto del menù. L’ambiente è curato e accogliente, si può godere di due verande, una con affaccio sull’affollato Naviglio e una più riparata ed intima. La carta dei vini è contenuta ma curata, presenta una sezione dedicata alla Romagna e annovera delle piccole chicche; il servizio è attento e cordiale.
In zona Ravizza, più precisamente in via Raffaello Sanzio, risiede questa titolata enoteca che indossa il nome del titolare Franco Caprino il quale, circa ventiquattro anni orsono, ha avviato questa insegna (già Cantina di Manuela) e nel cui bistrot poter degustare una, seppur piccola, gustosa cucina a prezzi avvicinabili accompagnata dall’offerta di etichette esclusive, in alcuni casi fruibili anche al calice. Debuttiamo con una Selezione di salumi e formaggi di Spagna composta da paleta iberica de Bellota Blazquez (Spalla di Maiale), Cecina de Leon (noce di manzo stagionata con un tocco di nota fumé), ottimo Chorizo con un punto giusto di paprica dolce, un morceau di Tortita de Barros, formaggio morbido di pecora di latte crudo e uno di Mahon, caseario prodotto da latte vaccino stagionato 240 giorni accompagnati da un filetto di peperone del Piquillo e del Magret de Canard (sottili, pastose fettine di petto d’anatra affumicata del Perigord) accoppiata a piccoli tocchetti di albicocca e prugna disidratate. Tra gli antipasti in lista Tartare di Sanato, Carpaccio di chianina, appetitose insalate, varie tipologie di affettati e prodotti caseari nazionali e internazionali. Proseguiamo con delle rustiche Pappardelle al ragout di cinghiale sapide e ben aggrappanti il condimento, appesantite tuttavia da una quantità eccessiva di olio, seguite da una Quaglia disossata cotta a bassa temperatura imbottita da foie gras di anatra che, di primo acchito, parrebbe piuttosto infiacchita e priva di appeal ma che rivela, all’assaggio, una buona palatabilità. Succulento e malleabile il Guanciale al Barolo servito purtroppo sminuzzato, e non intero, su una base di polenta gialla. In carta a La cantina di Franco varie golosità gourmet come la Degustazione di caviale Siberian di Pisani Dossi e Palleta de Pata Negra Bellota. Concludiamo in dolcezza con un tocco di Verona nel piatto e nel cuore grazie alla trionfale Ofella d’Oro di Perbellini arricchita da crema al mascarpone.
Felice (Felix) Lo Basso ha coraggiosamente portato avanti la sua idea originale di Home Restaurant, con lui come anfitrione, a intrattenere con la sua personalità e la sua cucina istrionica 12 persone attorno a un bancone. Sin dall’inizio la proposta è stata quella di un Omakase italianizzato, in cui il commensale si affida a lui. Ora, invece, ci si è spostati su una “rappresentazione” a cinque atti (Il Viaggio, Il Mare, La Campagna, La Montagna e Casa Dolce Casa) che contiene, all’interno di ogni atto, più micro-mini-piatti-bocconi per un totale di 28 portate. Si attinge alla memoria dello Chef per un menù che gioca sulla varietà con una alta focalizzazione sul gusto e grande cura dei dettagli. Felix vuole uscire dagli schemi, in un approccio alla ristorazione decisamente originale. Il viaggio inizia con una selezione di amuse bouche, ognuno dei quali rappresenta un Paese in cui è stato: c’è l’Italia, in particolare la Puglia, con un delizioso Cremino di cime di rapa, poi la Francia con una ciliegia ricreata, con un ripieno di foie gras poi la Spagna con il Chorizo la Russia con il King Crab, la Norvegia con il Baccalà e l’Australia con il Wagyu. Il percorso procede a un ritmo intelligentemente intenso per ingaggiare il cliente e incuriosirlo continuamente; tecniche di cottura, ricette reinterpretate con una bella mano e grande interazione con il commensale. Ci sono episodi super centrati sul gusto come le Braciole baresi in un tortello; l’Oca, tartufo, spuma di patate e polvere di funghi. Ci sono esperimenti molto ben riusciti di equilibri su vari registri come il Cannolo di cavolo nero con ripieno di ricotta e sesamo e intermezzi più tranquilli come il Canederlo di gambero e il risotto con prezzemolo, radicchio e cavolfiore.
Shannara 2 è un locale che ha subito un profondo restyling sia negli ambienti che nella proposta di cucina. Danilo Canu infatti ha deciso di mantenere solo lo storico nome della catena da lui fondata, i coperti si sono ridotti e l’attenzione si è focalizzata sulla selezione della materia prima. Non si può che iniziare con un Plateau di crudi secondo disponibilità del mercato, nel nostro caso scampi irlandesi, gamberi viola, percebes, garusoli, fasolari e cannolicchi eccellenti. A seguire un saporito Carpaccio di branzino con una spolverata di pecorino Sardo dosato in maniera tale da non sovrastare la materia ittica, e una notevole Tagliatella di calamaro condita con datterino giallo e sedano. Opulenta ma con un condimento poco incisivo la Tartare di aragosta. Tra gli antipasti cotti semplice ma buono il Tentacolo di polpo con patate e zenzero e le Anemoni di mare fritte. Tra i primi piatti il Tagliolino ai ricci di mare è eseguito in maniera ineccepibile; si può continuare con una Catalana di King Crab dell’Alaska o con un Rombo alla vernaccia. Il reparto dessert di Shannara 2 è tradizionale con l’immancabile variante di Tiramisù e una Seada dal gusto autentico. Cantina con oltre 300 etichette, servizio professionale e disponibile e conto che si aggira sugli 80 euro, se non si esagera con i crudi e i crostacei pregiati.
Nell’affascinante, iconico Brera District, più precisamente al civico 21 di via Fiori Chiari, Torre di Pisa è questa storica, pittoresca e sempre super gremita trattoria avviata dalla famiglia Meacci accoglie, dal 1959, varia umanità di quartiere e forestiera in cerca di una schietta tavola toscana senza fronzoli che propone anche alcune pietanze della cucina milanese. Per lungimirante volontà della proprietà le vesti di questo luogo sono rimaste cristallizzate nel tempo, lasciando inalterate le “luci” su via Fiori Chiari ove restano invariati pressocché tutti gli ambienti e le sedie in legno; persino la pavimentazione e la piccola cucina “a vista” (ammirevole scelta di perspicacia di arredo un tempo decisamente inusitata) sono quelli del giorno d’inaugurazione nel marzo del 1959. Esordiamo con un eterogeneo e gustoso Antipasto della casa che offre prelibatezze della terra di Toscana: Prosciutto crudo scioglievole, Crostino tiepido con gentili fegatini, Crostino avvolto da salsiccia fresca e pastosa “qb”, Polpettine di carne e a seguire un’Insalata di puntarelle e alici. Sdilinquenti le Pappardelle dalla sfoglia gialla e ruvida aggrappante un saporito e robusto ragù al coltello di cinghiale, in carta svariate specialità in linea con le origini della casa tra cui la Zuppa di farro della Lucchesia, la Garmugia della garfagnana (una zuppa a base di vegetali e carne macinata), i Ravioli alla casalinga, i Rigatoni alla Toscana e l’immancabile Risotto alla milanese all’onda; divertente il Fagottino di manzo dal cuore di senape di Digione cosparso di carciofi trifolati o funghi porcini (secondo stagione) e ancora secondi piatti della memoria quali la Bistecca alla fiorentina, la Polenta ai funghi porcini, il Fegatello di maiale con cime di rapa, Baccalà alla fiorentina e via preferendo. Concludiamo il nostro desinare alla trattoria Torre di Pisa con un rinfrancante e generoso Tiramisù e a scelta altre dolcezze quali Torta di mele, Crème Caramel, Panna cotta, Mousse al cioccolato, Cantucci e “Vin Santo”, Gelato al croccante o ai Pinoli di Pisa. La carta dei vini con una vasta proposta di etichette nazionali, una sezione dedicata alla Toscana e una più piccina dedicata ai vini di Francia.
Roberto Di Pinto è un cuoco “anema e core“ che veste la sua cucina con i ricordi d’infanzia mettendo ingenti dosi di sincerità e generosità in ogni piatto. Con occhio ludico reinterpreta i sapori della tradizione campana rimodulandone il gusto con l’innesto di sfumature in ogni caso contrastanti, a mitigare le sferzate sapide tipiche della cucina partenopea. Il suo Sine by Di Pinto è un luogo certamente poliedrico in cui il cuoco anfitrione si prende qualche volta la briga di azzardare, sebbene emerga sempre, prepotentemente, l’urgenza di equilibrio che contraddistingue tutta la degustazione. Ci viene in mente il Carpaccio di pezzata rossa, burrata, gelato ai ricci di mare e olio al dragoncello in cui l’utilizzo barocco degli ingredienti, che fa temere al peggio, rivela il sorprendente equilibrio che accompagna ogni assaggio. Un piatto complesso e riuscito come il Risotto al latte di mandorla, caviale e caffè di verdure, giocato su note affumicate e acide in contrasto alla principale componente grassa. Nei passaggi più teatrali l’estetica a tratti prevale sul gusto come nel caso del Raviolo pizza margherita che all’olfatto rievoca il sentore del forno a legna ma al palato è più simile ad una pappa al pomodoro. Un cadre di livello, suggellato da un servizio di sala professionale, una carta dei vini ben costruita che si focalizza sulla Campania e su etichette biodinamiche che si alternano a bottiglie importanti e arcinote, italiane e francesi.
Si respirano energie positive già entrando in questo locale, accolti dal sorriso del personale e dalla simpatica e misurata vivacità del patron di Altrimènti, Damien Janczara. Nella sala principale, sita al piano rialzato di una palazzina d’epoca nella Milano del quartiere City Life, spiccano trendy arredi anni ’70 e tanto rosso sulle pareti abbellite con ben 76 stampe di celebri illustratori. Dalla cucina giunge direttamente nel piatto l’accuratezza e la generosità mediterranea dello Chef Pantaleo Daddato. Tre i menù articolati in tre portate ciascuno (antipasto, primo e secondo): “Vegetale”, di “Carne” e di “Pesce” con la possibilità di mixare le varie proposte a seconda delle preferenze. Si debutta con uno strepitoso Baccalà mantecato e crostigliante pane accostato a cavolo viola. A seguire una Tartare di carne (Macelleria Martini) con gocce di crema di arachidi e insalatina di sedano di Verona, mela verde e arachidi. Spiccano nel menù proposto da Pantaleo Daddato gli Gnocchi di patate di montagna e castagne con ragoût di cinghiale e fonduta di pecorino, in perfetto clima autunnale, e il Risotto alla zucca con gorgonzola ben saporito e in equilibrio grazie all’impiego del prodotto caseario che mitiga con le note sapide del Blu la dolcezza del vegetale. Tra i secondi si staglia una golosa Coda di vitello con il suo fondo servita su ricco purée di patate, mentre si svela la sapida mitezza delle carni della Pecora sambucana servita in tre consistenze. Concludiamo il pasto con un opportuno e rinfrescante Sorbetto al sedano, limone e olio EVO di Foligno irrorato al momento del servizio. Un plus durante la bella stagione è quello di desinare nel piccolo dehors approntato in cortile.