In via Varese, a due passi della’ movida’ di Corso Garibaldi, Sumire è un piccolo e un po’ defilato ristorante, frequentato per larga parte da clientela giapponese, che si articola tra il piano terra con un angolo ‘sushi bar’ al cui bancone potersi accomodare magari per una pausa più veloce e un soppalco con una manciata di tavoli; questa trattoria incarna, assieme a qualche altra rara insegna, uno dei pochi autentici locali di cucina del Sol Levante della città grazie anche alla presenza del proprietario Takayuki Hiratsuka che accoglie i suoi ospiti con tocco un po’ burbero e un po’ scherzoso che rende ancora più peculiare la nostra sosta. Sushi (nigiri, uramaki, temaki, futomaki, chirashi) e sashimi giusto per accontentare una porzione di appassionati in cui il pesce fresco impiegato (in primis la capasanta) e la cottura del riso fanno la differenza. Questo candido cereale la fa da padrone anche nel Donburi servito con tonno, salmone e/o pesce assortito. Specialità della casa, gli spiedini Kishikatsu (noto street food giapponese) di pesce, di carne e di vegetali, e il pollo in varie declinazioni di cui assaggiamo la versione in ‘crocchetta’ Karakoro assieme a dei succulenti bocconcini passati in pastella, fritti e ben crostiglianti; appetitosa la Tonkatsu (Coppa di maiale fritta) accompagnata da salsa ponzu e rapa bianca grattugiata; riso a vapore e zuppe di miso a volontà ad accompagnare le pietanze servite. Concludiamo la sosta con dei Mochi ripieni di marmellata di fagioli rossi Adzuki dal cuore di fragola. La carta dei vini di Sumire, propone una esigua selezione di etichette ed è penalizzata, considerata la matrice nipponica del locale, dalla proposta di una sola tipologia di Sakè.
Tra il Monumentale e Chinatown, dimora questo rilucente A’ Riccione Bistrot, fratello dello storico e primogenito A’ Riccione di via Taramelli che, dal 1926, accoglie con successo e soddisfazione un pubblico trasversale appassionato di tutto ciò che di prelibato il mare può donare. La valente gestione dei fratelli Giuseppe e Dante Di Paolo, ha preso vita dopo la di loro lunga militanza presso questi stessi locali, meritandosi anche di fare entrare la loro insegna nel novero delle ‘Botteghe Storiche’ della città. Proprio il trasporto e la curiosità verso l’universo delle ostriche ha spinto Giuseppe a selezionarne una quarantina di tipologie provenienti da vari paesi, nonché una, vagliata da lui stesso adiuvato da un allevatore irlandese, chiamata A’R, divenuta la conchiglia signature di questo bistrot. Assaporiamo questa assieme ad altre 11, in tutte le loro peculiari sfumature e profondità, oriunde della Bretagna, Normandia, Irlanda, Portogallo, Marsiglia e le super talassiche “Tortoli” della nostra Sardegna; deliziosa, dolce e malleabile la Granceola al vapore; corpose e sode in bocca le Alici dell’Adriatico marinate su un’insalatina delicata e detergente di finocchi. Eleganti, cotti a puntino e avviluppanti gli Spaghetti ai ricci di mare seguiti da un delicato e burroso Pavé di pesce carbonaro con miso e verdurine croccanti al wok e concludiamo con una generosa Grigliata mista ‘alla romagnola’, in cui i vari tipi di pesce vengono prima un attimo impanati e poi messi ad arrostire. Cannolo alla siciliana, Cassata, Tiramisù, frutta fresca, sorbetti e gelati per i più golosi. Carta dei vini dedicata quasi ad ogni regione d’Italia con un’offerta di bottiglie importanti ed un’estesa selezione di bollicine.
Il Camparino in Galleria è un’istituzione che porta avanti, a testa altissima, la sua tradizione. L’atmosfera qui è permeata da un’aura fascinosa di storicità e nobiltà. Un luogo risalente al 1915, fondato da Davide Campari, è stato oggetto di una curata ristrutturazione finalizzata a preservare l’originale stile Liberty; al pian terreno, oltre all’iconico bancone da bar in ebano dietro al quale si lasciano ammirare le decorazioni a mosaico, ospita una serie di ambienti – del cosiddetto “bar di passo” – che raccontano la storia millenaria di Milano, mentre nella Sala Spiritello al primo superiore, è la elegante modernità a prendere il sopravvento. Anche qui il bancone del bar è il fulcro della sala che si affaccia sulla Galleria. In molti sono passati di qui per un aperitivo a base di Campari Seltz. Gli elogiati cocktail, con il celebre Campari come protagonista, sono stai pensati per accompagnare piatti ben eseguiti che rievocano la tradizione meneghina ammiccando a preparazioni in chiave gastronomica più elaborate.
Le Alici in carpione servite con giardiniera sono un ottimo boccone per aprire le danze, mentre l’Insalata di tonno di coniglio è fresca e denota tecnica nella lavorazione della carne. Anche la Faraona è succosa e dalle giuste proporzioni. Davvero un’offerta culinaria di qualità degna dei signature cocktail concepiti dal barman Tommaso Cecca, come il Bitter Paloma fatto con Campari, Espolòn Tequila Blanco, agave, 1757 Vermouth di Torino Extra Dry, soda al pompelmo rosa. Ci sono due degustazione Pairing Cocktail & Food a 65 e 70 euro. Il tutto, tra l’altro, col surplus dell’ubicazione, vista Duomo. Il Camparino in Galleria è aperto dalla colazione alla cena. C’è la possibilità di prenotare la Sala Spiritello diversamente dal Bar di Passo, per il quale non si accettano prenotazioni.
In zona Corso Sempione, più precisamente in Via Procaccini, abita dal 1995 la Trattoria Montina dei fratelli Montina condotta e animata dalla passione dei due gemelli che qui si dividono le mansioni; Roberto sta ai fornelli e Maurizio, con la sua simpatica bonarietà, accoglie i suoi ospiti in sala. Menù piuttosto generalista con pietanze sia di carne che di pesce, come la Tagliata, il Filetto o la Steak tartare o il Risotto con fiori di zucca mantecato al brie, Crosta di spada affumicato o il Fritto misto di calamari e gamberi con verdure croccanti, ma anche alcuni grandi classici della tavola milanese e lombarda come la Cassoeula, la Costoletta alla milanese e il Risotto al salto oltre a proposte internazionali. L’ambiente, sebbene molto grazioso – tra la sala interna e il dehor esterno – , allestito con tovaglie immacolate e illuminato da morbide luci che invitano alla totale rilassatezza, diventa un po’ troppo caotico allorché al completo. Scegliamo di degustare il pesce con dell’Insalata di gamberi un filo opaca nel gusto e un mono-piatto che include dell’Aragosta con una piccantina salsa al curry e servita con del riso basmati al vapore. Per terminare, dolci al carrello, frutta di stagione e sorbetti assortiti. I dolci vedono proposte al carrello e sorbetti, mentre la carta dei vini della Trattoria Montina offre una buona selezione di etichette.
In una vivace metropoli gastronomica come Milano, è facile lasciarsi ingannare dalle prime impressioni. Tuttavia, il Baratie si dimostra un’eccezione che conferma questa regola. A prima vista si potrebbe pensare che sia il solito cocktail bar come ce ne sono tanti a Milano. Il format è lo stesso che da alcuni anni vediamo replicare continuamente in città: cocktail, piattini formato tapas ideali da accompagnare all’aperitivo e pietanze più strutturate per trasformare l’esperienza in una vera e propria cena. Il tutto in un locale piuttosto anonimo situato in zona Solari/Washinghton, con cemento a vista alle pareti e tavolini da giardino accalcati sul marciapiede. L’apparenza, tuttavia, in questo caso inganna.
Perché non solo i cocktail sono meritevoli, ma in cucina ci lavora qualcuno che sa davvero il fatto suo (nello specifico parliamo di Andrea Cicu, fondatore assieme a Giacomo Sacchetti, Nello D’Acampo e Davide Bavestrelli). Che sia per la materia prima presentata, o per la tecnica di esecuzione, i piattini, concepiti per essere condivisi, si rivelano spesso deliziosi o, quantomeno, interessanti nella loro combinazione di sapori. Tra i diversi assaggi, lo “Spago“, con “Burro-Peperoncino-Aglio” ha un sapore deciso ma il crostaceo riesce a sopravvivere, nel suo sentore, all’insieme aromatico deciso. La Melanzana alla Sassarese ha una cottura efficacie con la buccia che dona croccantezza al piatto. Anche il Maialino con zucchina gialla è un piatto consistente e ben eseguito. Uno dei punti di forza del Baratie è la sua cucina di prodotto. Ingredienti di prima qualità vengono trattati con rispetto e creatività, portando a piatti che raccontano storie attraverso il gusto. Il prezzo, più che ragionevole dei piatti interessanti rende il Baratie il luogo ideale per una cena informale. Non è solo un ristorante da visitare una volta sola, ma un luogo dove è possibile tornare e ritornare, per scoprire ogni volta nuove sfumature di sapori e piatti raffinati.
Lo Chef Luca Natalini è finalmente rientrato in città, dopo un’interessante collaborazione presso l’indimenticato ‘Al Pont de Ferr’ di Maida Mercuri, con un’insegna tutta sua ubicata in una traversa signorile della Milano di Porta Romana accogliendoci nella lucente ed elegante sala ristorante, dove celebra, minuziosamente, “l’italianità dell’ingrediente” avvalendosi di valenti materie prime di fornitori locali e ‘sostenibili’ che seleziona con precisione estrema. Come suggerisce il nome del ristorante Autem (tradotto dal Latino significa: oppure- altrimenti), ci sono varie opportunità di scelta tra i cinque menu proposti: uno alla carta e altri quattro degustazione i cui primi tre incentrati o solo sulla carne o solo sul pesce o sul vegetale e infine quello “Carta Bianca”, organizzato in 8 portate e dessert orchestrate dallo Chef Natalini, che cambia quotidianamente in base agli “arrivi” del giorno, ma che elenca dei piatti irrinunciabili come le lumache dell’allevamento Parizzi impiegate nella sdilinquente e super golosa pietanza vessillo Come se fossero una Bourguignonne, consistente in una sorta di cappuccio di chiocciole mantecate con spinacino selvatico e patate ratte; il Piccione cotto alla brace in carcassa (e senza alcun spreco nei tagli della carne poiché viene servito in questo caso anche il ‘boccone del Prete’), il Cavallo e ostrica, constante di una battuta di coda di cavallo, ostrica e fondo dell’equino, e la sua oramai celebre e signature dish Pasta in bianco insaporita da un prezioso decotto di foglie d’alloro che sta 40 giorni sulle sue foglie, burro d’alpeggio, Vermouth alle prugne e un tocco di aceto affumicato; interessante proposta anche per un pre-dessert. La carta dei vini, piuttosto ristretta, è, come prevedibile, battente bandiera Italiana, eccezion fatta per qualche bottiglia. Il servizio cordiale è affidato a mani giovani, volenterose e appassionate.
In una quieta vietta, poco distante dal cuore vibrante di Porta Nuova e Piazza Gae Aulenti, in quella che un tempo era una verde campagna, risiede dal 1866 questo storico luogo di ristoro ove gustare classiche pietanze della tradizione milanese e ottimi tagli di carne alla brace nella ampia sala -ristrutturata di recente dai nuovi proprietari Dante e Giuseppe Di Paolo, già gestori di successo del brand A’Riccione – o nel bellissimo giardino, quando il clima si fa più temperato. La cucina di Da Berti è timonata da Fabio Carotenuto, quarantacinquenne di origini partenopee, con molteplici esperienze nel campo della ristorazione, che ha voluto rispettosamente serbare l’identità di questo luogo introducendo solo alcuni tocchi di contemporaneità. Il menù, come anticipato, mette in scena l’intramontabile repertorio della tavola meneghina ove non mancano all’appello il Risotto alla Milanese con pistilli di zafferano, Risotto al “Salto”, la Cotoletta di vitello alla “Milanese” con maionese agli agrumi e patate chips e in versione “vestita” di valeriana e pomodorini. Scegliamo un iter orientato alla carne, esordendo con il Misto crudo dello Chef consistente in due assaggi di Carpaccio di Fassona agli agrumi e di Carpaccio marinato con pomodori secchi e mandorle e tre degustazioni di Tartare: una di Fassona Piemontese battuta al coltello con nocciole, uovo di quaglia e maionese al tartufo, una classica e un’altra di Chianina insaporita da una stuzzicante emulsione di miele e senape, mandorle tostate e sfoglie di Grana. Come opportunamente suggeritoci, concludiamo gli antipasti con un intrigante Tagliere di formaggi “Pre Bistecca” composto da Robiola di Roccaverano con radicchio marinato all’aceto di lamponi, Camembert Cru di Normandia con cavolfiore caramellato al burro, Puzzone di Moena con porro fritto, Toma Occitana con finocchio marinato all’aceto di mele e del Reypenaer con perle di aceto balsamico. Infine, dalla brace, assaporiamo una succulenta e malleabile Costata di Chianina I.G.P. dell’Azienda Agricola San Giacobbe e terminiamo la sosta, con detergenti sorbetti agli agrumi tra cui uno veramente peculiare al Bergamotto di Calabria. La carta dei vini di Da Berti, è di matrice classica con una pregevole offerta di etichette (oltre 800), provenienti da ogni dove, custodite della mirabile cantina sotterranea della antica Trattoria.
In quello ove un tempo risiedeva il Seminario Arcivescovile di Corso Venezia, a pochi metri da Piazza San Babila, dopo una capillare e impegnativa ristrutturazione di tutto il complesso residenziale, ha recentemente preso vita l’atteso Portrait Hotel, cinque stelle del gruppo Lungarno Collection, al cui interno alloggia questa, seppur giovane, già gettonata insegna nello scenario della ristorazione della città: Beefbar Milano. Passando attraverso un chiostro incantato, si accede alla sala ristorante, allestita nell’ex Refettorio, vestita di un’elegante boiserie in noce scuro e di splendide appliques e si cena, accomodati su morbidi divanetti in velluto, rimirando le sue volte e l’immacolata cucina a vista. Il menù è improntato, ça va sans dire, come quello di tutti gli altri 20 Beefbar esistenti nelle mete più trendy del globo, sulla carne e sulla proposta dei suoi migliori tagli; scelta ineluttabile, poiché il Patron, Riccardo Giraudi, è l’erede della famiglia che dagli anni 60 importa carne dall’Olanda ed è oggi uno dei leader nella sua distribuzione nonché il primo acquirente di Kobe in Europa. Debuttiamo con il signature dish Croque sando, il notorio Sando del Sol Levante, generosamente farcito qui con prosciutto crudo di manzo, formaggio scioglievole e irrorato al tavolo da una golosissima salsa al tartufo; seguono poi, sempre seguendo il filone godereccio dello street food, un piccolo assaggio di Mini hamburger di black Angus conditi da tre salse differenti : secret sauce (a base di maionese, cipolla e noci), Chimichurri, il più gustoso dei tre, e salsa al tartufo (con il tubero e del Parmigiano Reggiano); completano gli antipasti delle quasi eteree Quesadillas, ripiene di tenero manzo sfilacciato, salsa chimichurri e tartufo e un divertente Rock corn, ossia dei crunchy e spicy chicchi di mais in tempura cosparsi da una maionese aromatica. Altro irrinunciabile signature, che completa i nostri assaggi salati, la Robata al vapore presentata in versione Beefy, accompagnata da un’impeccabile purée di patate, mutuata dal glorioso Joël Robuchon e assaporata con dell’ottimo fondo bruno. Per terminare, una porzione generosa di Mille crêpes, caffè e amaretto. Carta dei vini rimarchevole per la buona selezione di etichette.
In una delle corti più belle, suggestive e storiche d’Italia, (si pranza e si cena nella Casa del Manzoni che peraltro è anche domicilio dell’omonimo Centro Studi), Aimo e Nadia hanno deciso di ambientare ‘in Giardino’ la cucina del giovane ed entusiasta Lorenzo Pesci (già cuoco al BistRO’ in via Bandello e qualche tempo fa da noi recensito), che qui ritroviamo muoversi agilmente tra proposte della tradizione e quelle un po’ più contemporanee. Numerose le possibilità di scelta in carta: la Degustazione di crudi, (plateau royal, plateau di ostriche e crostacei al ghiaccio), la sezione dedicata all’Aragosta del Mar Tirreno, la Degustazione di caviale Calvisius e la Verticale di caviale, il menu ‘alla carta’ e infine quello degustazione ‘Le delizie di Voce’, articolato in tre o sette passi. Scegliamo quest’ultimo, iniziando con la Capasanta nostrana alla brace d’ulivo, crema di scarola, maionese all’olio di acciughe e rapanelli: ne risulta un incontro binario e corretto di sapori tra la amabilità del mollusco e quello amarognolo del vegetale; seguono i Gamberetti rosa del Mar Adriatico, marinata alle erbe del Giardino di Alessandro (Manzoni), su crema di fagioli cannellini e gelatina di pomodoro dove i crostacei emergono in tutta la loro costituente talassica, contemperata dalla mitezza dei legumi e corroborati dall’acidità del pomodoro; chiudono gli antipasti, lo stuzzicante Crostino di petto d’anatra nostrano affumicato alle cinque spezie, spinacino, fegato d’oca e prugne al forno. Un plauso e un ringraziamento per la scelta di riproporre forse il must assoluto della cucina di Aimo Moroni, il fondatore: l’ottima Zuppa Etrusca con cavolo nero, farro della Garfagnana, verdure dell’orto e legumi al profumo di finocchietto selvatico dove tutti i vegetali impiegati si identificano al gusto uno ad uno, concertandosi soddisfacentemente con il farro; dirompente il Risotto Gran Riserva Carnaroli con noci di Sorrento, olive taggiasche candite e pompelmo rosa essiccato e grattugiato in cui emergono manifeste le note tanniche dei gherigli assieme a quelle aspre dell’agrume che ne allungano il gusto. Giungono poi la classica e ‘bon ton’ Quaglia di Miroglio arrosto farcita di albicocca ed erbe aromatiche, con melassa di peperone in cui il sapore gentile complessivo è innervato dall’acidità del frutto e le più innovative Tagliatelle alla barbabietola con panna acida, denotate da un’accattivante elasticità e tratto dolciastro, ottimale proposta anche per un pre dessert. Terminiamo con un refrigerante Sgroppino al pompelmo rosa e Campari e fruttini al limone. Carta dei Vini rimarchevole per la qualità e la diversificazione di etichette presenti.
Nella vivace via Moscova a pochi passi da Brera, è allocato questo super gremito Bistrot, fratello di quello già avviato nel 2014 a Hong Kong, ove poter assaggiare un’ottima cucina allestita dalla competente brigata del pluristellato Chef Giancarlo Perbellini che mette in tavola, come avevamo visto, tutto sommato poche ma gustose pietanze della cucina classica italiana, anzi milanese. Da Locanda Perbellini Bistrot debuttiamo con due golosità: il vitello tonnato, (Vitello T’Onnato) nella versione autoriale e da sussulto, insaporito da una spumeggiante salsa tonnata, uova sode e capperini fritti e la Battuta di Fassona, pomodoro confit, pistacchi e maionese al wasabi, susseguiti da un primo piatto fuori menù : il Raviolo farcito di carne di cervo e asparagi permeato da una spinta sapidità ; infine avviluppante e voluttuosa la tenera Guancia di vitello brasato, purè di patate e porri fritti mentre crostigliante fuori e, malleabile nel cuore, la Pancia di Maialino, asparagi bianchi e pesto di pomodoro confit. Terminiamo questo piacevolissimo intermezzo con uno scattante Tiramisù. La carta dei vini è piuttosto articolata con proposte di etichette nazionali ed estere.