Passione Gourmet Milano Archivi - Pagina 21 di 22 - Milano Passione Gourmet

Ronchettino

La relazione tra arte e artigianato risulta perfetta a introdurre il lavoro che fa Federico Sisti con la tradizione culinaria romagnola e milanese. Qui, roner e forno a legna convivono in una cucina molto accomodante dove accanto a un risotto con ossobuco tradizionalissimo o una costoletta alla milanese più che perfetta, convivono velleità come la meravigliosa anguilla laccata alla soia e purea al cavolfiore. Straordinari anche gli affettati “griffati” in accompagnamento a fragranti gnocchi fritti e tigelle, pani e grissini fatti in casa, mentre il bollito della tradizione è tenerissimo e millimetricamente sgrassato con limone e prezzemolo. Una delle migliori osterie milanesi, complice anche il servizio cordiale. Unico difetto, la zona, non propriamente delle migliori.

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Com’era lecito aspettarsi, la Galleria impone che, nel Café-Bistrot griffato Carlo Cracco, alberghi una proposta coerente, qui articolata tra Snack e Cucina. La prima è composta da antipasti non cucinati, selezioni di salumi e formaggi o caprese, la famigerata pizza Margherita, golosissima e croccante e ancora insalate, toast, Croque Madame o Club Sandwich. La sezione Cucina, invece, propone classici della cucina italiana e meneghina come il risotto al salto, vitello tonnato e cotoletta alla milanese, reinterpretati con l’estro del fine dining. A questi si associano piatti di stampo creativo come il Polpo, fagioli neri, cialda di paprika e limone, yogurt e polvere di olive, che spiccano per equilibrio, e un reparto pasticceria tra i più gremiti della città, ove scegliere fra una selezione di proposte fisse e un’ampia gamma di pasticceria da banco e torte mono-porzione.

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La formula inventata dai coniugi Han, a Singapore, si reitera in ben sette proposte e non solo nella terra del Sol Levante, ma anche in questa ipogea, affollatissima propaggine meneghina. L’idea, ben interpretata anche all’ombra della “madunina”, è quella di creare una cucina asiatica domestica facile da replicare in tutti gli angoli dell’ecumene terrestre e così varia da consentire di tornare e sperimentare, ogni volta, qualcosa di diverso. Ben cinque sono, a questo proposito, i ravioli al vapore, resi tutti banalizzati però da un aglio tanto saporito quanto infestante e, ancora, tre tipologie di ravioli alla piastra, una focaccia e gli inamovibili involtini primavera, troneggiano accanto a più di dieci tipologie di noodle, sia saltati che in brodo. Se non fosse chiaro, proprio questa è la specialità dei coniugi Han. 

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Casa Ramen Super è un “izakaya” (ndr. trattoria) fusion, nonché uno dei locali più divertenti e convincenti di Milano.
Luca Catalfamo prosegue il suo percorso convincendo con le sue contaminazioni sapienti di ricette tradizionali giapponesi con tocchi ispirati a cucine di altri Paesi. L’offerta è ampia, da un convenientissimo Omakase, a una carta sempre in movimento che, prima ancora dell’offerta di ramen, offre alcune chicche imperdibili, come i diversi tipi di dumplings, difficili da non riordinare a ogni visita o gli eccellenti bao, per non parlare della trota “on fire”, ovvero tartare di trota, salsa ponzu piccante, alghe nori tostate e lattuga, da comporre a piacimento. L’ambiente è raccolto ma accogliente, come il servizio di sala, estremamente gentile e disponibile. In cantina c’è una piccola selezione di sake, qualche birra estera e alcuni vini bio.

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Atmosfera ‘vecchia Milano’ (boiseries d’antan alle pareti, tavoli piccoli e ravvicinati, servizio veloce ma simpatico) per questa storica trattoria che, dal 1921, propone cucina sabauda in terra meneghina. Oltre ad alcuni imprescindibili classici locali, risotto con pistilli di zaffereno e costoletta
impanata nei grissini
, sfilano, come evergreen, agnolotti con sugo di Fassona, vitello tonnato, bollito alla piemontese. La mano è buona, la materia prima pure, di soddisfazione gli esiti nel piatto, seppure senza particolare verve. Dolci di tradizione. Piccolissima – e migliorabile – carta dei vini. Colazione di lavoro a 22 euro. Conto, alla carta, sui 45 euro.

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Un giovane ristorante nato dalla passione di un imprenditore illuminato, trapanese originario di Erice, e dalla perizia del giovanissimo Federico Alagna, chef di questo promettente angolo di Sicilia in terra meneghina. E determinato nel perseguire la territorialità, in primo luogo, che si manifesta anche nella carta dei vini, solo trapanesi, e in un menu che giustamente ruota attorno a piatti trionfali come cous cous e busiate. E pesce azzurro, ovviamente, o il tonno, rivisitato in un intrigante quinto quarto essiccato e orgogliosamente portato in tavola in tutta la sua dirompente sapidità. Promesse mantenute in tutto e per tutto, forse solo i dolci non sono ancora in linea col livello della proposta mentre il conto potrebbe sembrare, e a ragione, un poco sopra le righe.

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Piccola e raccolta insegna, vicina di casa di Trippa, pluriblasonata trattoria cittadina. Una ex officina ospita la bomboniera, a 16 soli coperti, di Lodovico Rosselli che, complice l’intimità degli spazi, ordisce una cucina coerente, intima, selettiva e semplificata. Tutto qui è ridotto ma, proprio per questo, esaltato nella sua unicità. I piatti sono croccanti e compiuti, complici piccole accortezza come, nella quaglia, l’olio aromatizzato al timo e, nella tartare di manzetta, le rapette in agrodolce. C’è consapevolezza nei piatti di Ludovico il quale, benché grande appassionato, vanta una formazione accademica in biologia, nonché solide basi nel suo curriculum da cuoco. Presto spiegata, dunque, la sua  perizia nelle selezione della materia prima, vini compresi, così come la presenza di preparazioni talvolta meno riuscite. Ma sarà solo questione di tempo.

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Qui si ha sempre l’impressione, e la garanzia, di trovare esattamente quel che si è lasciato: una certezza non da poco, una comfort zone nei confini, altrimenti sfumati, o troppi liquidi, della contemporaneità. I locali, ancorché storici, sono molto informali, funzionali, forse, a una cucina che non tradisce mai le aspettative. Il segreto? Una tradizione che ha trovato la chiave universale per riattualizzarsi sempre, ma con cognizione. Un esempio su tutti, la co(s)toletta alla milanese, i succulenti bocconi di lingua, ma anche gli interessanti e altresì rispettosi tortelli di zucca scomposti. Il rapporto qualità/prezzo è tra i migliori di Milano, con il menù del pranzo, a 18 €, a incorniciare un momento di grande qualità e concretezza, suggellato da una cantina interessante, a prezzi tutto sommato ragionevoli.

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Un altro Giappone è possibile, in questa autentica izakaya (trattoria, in giapponese) a pochissimi passi da Piazza Missori. O, meglio, gastronomia, esattamente come promesso dal nome: né più né meno. A gestirla, Aya Yamamoto con sua madre Shih Chy Yamamoto, entrambe in Italia da molto tempo, da molto tempo consulenti delle migliori insegne nipponiche in quel di Milano. In cucina, si muove abile Yasushiro Masumoto, già al timone di Osaka e Takara Sato. Con uno staff come questo, pur nella complessiva e rassicurante semplicità dell’offerta, impossibile non far caso alla cura, a tratti maniacale, dei dettagli che compone questa cucina gustosa, elegante e di mercato. Per orientarsi nella proposta, affidatevi ai consigli del personale di sala: non ve ne pentirete.

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Cucina d’hotel e, allo stesso tempo, d’autore: non è un ossimoro da quando Giancarlo Morelli, ristoratore illuminato e imprenditore, ha rilevato per intero le sorti culinarie del design hotel Viu. Dalla colazione al bistrot Bulk fino alle luci soffuse del ristorante fine dining, l’identità più vera di questo cuoco si esperisce, va detto, al suo Chef’s Table. Di colpo ci si ritrova in un contesto nobiliare eppur rurale, quello di un tinello metaforico, presso un tavolo condiviso con vista d’eccezione, però, sulla brigata di cucina. I piatti che arrivano alternano la vocazione tradizionale a quella più innovativa, dove mare e terra diventano solo paesaggi, più che confini, e dietro alla imperitura convivialità dello stile Morelli celano virtuosismi tecnici e stilistici talvolta davvero rimarchevoli. 

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