Yoshinobu è una storica insegna giapponese di città, dove si può trovare un’eccellente materia prima ittica. Il locale è essenziale, ci sono due sale, la prima ospita una dozzina di coperti mentre nella seconda è ubicato il classico sushi bar; dietro il bancone (che ospita pochi coperti) c’è Yoshi, lo chef, ed è un vero e proprio spettacolo ammirarlo mentre con calma ed eleganza realizza i tradizionali nigiri, imperdibili quelli con la ventresca di tonno e l’anguilla fresca. C’è anche un menù del giorno, in cui si possono trovare proposte originali che esaltano le parti meno nobili, ma più saporite, del pesce, come l’ottimo collo di scorfano alla brace con salsa allo yuzu. La cantina, oltre ad alcune classiche referenze, vanta interessanti etichette di piccoli produttori. Puntuale e disponibile il servizio.
“Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene”. Questa celebre frase di Virginia Woolf è perfetta per introdurre il Da Noi In, ristorante guidato da Chef Andrea Alfieri presso il piano -1 del Magna Pars, hotel a 5 stelle situato nei pressi di via Tortona. Una cucina rotonda e cremosa, per lo più focalizzata sul pesce, che unisce tra loro ingredienti insoliti. Apre le danze la Terrina di cassoeula con carpaccio di capasanta, zucca e polvere di castagne un piatto che mette in equilibrio sapori forti e contrastanti. Si prosegue con il piatto cult di Alfieri, il Risotto al pino mugo, gamberi rossi e lamponi, e con gli Spaghetti Felicetti con burro, Parmigiano Reggiano 32 mesi, cenere e nocciole dove queste ultime prendono un po’ troppo il sopravvento, rendendo il piatto di una dolcezza eccessiva. Un impianto culinario molto coerente e caratterizzato, da lodare considerando che Alfieri è qui da poche settimane.
L’offerta gastronomica di Porta Venezia si arricchisce di un piccolo locale da 16 coperti, dai tavoli raccolti e un bancone: Bites. Qui è possibile godersi un aperitivo con sfiziosi assaggi e drink inusuali o il menu degustazione stagionale. Il format prevede l’aperitivo dalle 18.00 alle 20.00 e la degustazione per tutti alle 20:30, motivo per il quale rischiate di dover attendere l’arrivo dei ritardatari. I piccoli “morsi” ripercorrono un viaggio, a tratti esotico, che accompagna l’avventore lungo le tappe che hanno arricchito le esperienze dei giovani chef. La carta dei vini è varia, tenendo anche conto degli spazi, e permette di fruire delle etichette disponibili anche al calice. I drink “della casa”, realizzati con fermentazioni, danno il twist in più non solo all’aperitivo ma anche all’accompagnamento di alcuni assaggi, come lo Stoned Negroni, con kombucha alle alghe e caffè. Il servizio della piccola sala è informale.
Salumeria, enoteca con cucina, piccolo bistrot metropolitano. Pranzo, aperitivo, cena o bottiglie e vivande da asporto. Difficile incasellare Salumeria Mazzone in una categoria specifica, ma ci pare facile cogliere la volontà e il desiderio di solleticare le papille, anche quelle dei palati più esigenti. Cristina, proprietaria, pubblicitaria “redenta” ed erede dell’autentica Salumeria Mazzone che un tempo esisteva in Zara, racconta la sua voglia di caratterizzare sempre più la sua creatura: oggi, un’offerta unica in termini di formaggi, italiani e internazionali, e grandi salumi italiani e spagnoli, acciughe e caviale. Un interessante lavoro di ricerca che trova espressione in ottimi taglieri e qualche piatto dalla cucina, con proposte del giorno che spaziano dai risotti alla battuta di fassona e, passando per il vitello tonnato, arrivano anche a qualche interessante dessert. Il vino? Lorena presenta una carta di vini interessante, frutto di altrettanta ricerca compiuta senza diktat, se non offrire vini con un’anima e una storia da raccontare.
L’iconica trattoria romana raddoppia e sbarca a Milano riproponendo un’atmosfera talmente simile all’originale che ci si dimentica di non essere a Roma. L’ambiente è raffinato e un po’ anonimo, ma il personale di sala compensa e mette l’ospite a proprio agio. Il locale comunque è sempre pieno, sia a pranzo che a cena, prenotare con anticipo è obbligatorio. Il menù si divide in due parti: i piatti storici, sempre presenti, e una sezione che varia a seconda del giorno, invitando l’ospite a tornare. Da urlo le mezzemaniche alla gricia, dove il guanciale croccantino dà una spinta pazzesca al piatto. Molto buona anche la pajata al sugo, una prelibatezza il cui aroma, che definire intenso è un eufemismo, non la rende proprio adatta a tutti i tipi di palato. Unico appunto i saltimbocca alla romana, il cui sapore molto – troppo – delicato viene obnubilato da quantità davvero eccessiva di condimento.
Storico avamposto di cucina calabra sulla piazza milanese, Dongiò è una trattoria a conduzione familiare dove si possono assaggiare piatti gustosi, preparati con ottime materie prime. Da non perdere le paste fresche, condite con vari e saporiti sughi a base di carne o verdure e l’immancabile peperoncino. Nel solco della tradizione anche i secondi, eccezionale il coniglio in umido con una fresca insalata di puntarelle e il baccalà alla cirotana. I dolci sono semplici ma golosi come il tiramisù alla ricotta. Il servizio si rivela cortese e puntuale, cerca sempre di venire incontro alle richieste dei clienti; c’è una buona carta dei vini con un particolare focus su Calabria e sud Italia.
A breve distanza dal caos di piazza Gae Aulenti, in un angolo tranquillo che profuma ancora di ‘vecchia Milano’, si trova il perfetto ristorante di quartiere. La prima impressione che si ha de Il liberty è che sia un ristorante raffinato della vecchia guardia, con un servizio attento e premuroso come quelli di un tempo. La sala è di gusto contemporaneo, divisa da una balconata destinata alle coppie che, in mancanza di argomenti, possono divertirsi a spiare i tavoli posti al piano terra. La cucina di chef Andrea Provenzani dà il giusto tocco di modernità ai piatti della tradizione. Ordinando alla carta si può optare per piatti contemporanei, mentre il menù degustazione è un percorso milanesissimo che si snoda tra mondeghili e costoletta alla milanese. I mondeghili di vitello “cotto-crudo”, forse troppo raffinati per rispecchiare quelli della tradizione più verace, vantano equilibrio e leggerezza rare. La costoletta alta di vitello “rosa” se fosse stata un filo più croccante avrebbe vinto il premio “costoletta dell’anno”. Una menzione speciale va al Libertyramisù, una delle più interessanti rivisitazioni assaggiate negli ultimi tempi.
Aperto ormai da qualche anno, ma in continua crescita a livello sia qualitativo che di successo di pubblico (difficile mangiare qui la sera senza prenotare), Albufera è senza dubbio il riferimento milanese per la cucina spagnola tradizionale di qualità, con un menù piuttosto ampio, ricco di ottime tapas, incentrato comunque su parecchie diverse declinazioni del piatto principe del locale, la Paella, indiscutibilmente ottima, e che regge sicuramente il confronto anche con locali di livello in Spagna, e disponibile in cinque diverse declinazioni. Altro assoluto punto di forza del locale è l’ambiente, disposto su tre piani, moderno ed elegante (bellissime le salette per private dining), e finalmente senza alcun cliché come foto di toreri, corride e luoghi comuni vari alle pareti! Il servizio è cortese anche se a volte un pò distratto. La cantina, non molto vasta a dire il vero, è comunque costituita interamente da etichette Spagnole, come è giusto che sia.
Arrivando nella piccola Piazza Erculea in zona Missori questo “baracchino” vanta uno stile così curato da fare – inevitabilmente – presagire la probabile differenza del posto rispetto agli altri. Seconda apertura in territorio milanese dello chef Matias Perdomo – dopo il suo stellato Contraste – Exit ha qualche tavolo all’aperto e una piccola ed essenziale zona interna. Si spazia dalla colazione alla cena, includendo anche la possibilità di un pre-dinner, data l’offerta di piccoli sfizi per accompagnare un calice di vino, cui viene riservata particolare attenzione. Menù semplice e stringato, in cui viene dato risalto alla sola materia prima: di totale trasporto è infatti il capocollo con fichi e canestrato pugliese, molto buono il baccalà con mela verde, e nonostante l’effetto sgrassante della mela non sia pervenuto a dovere. Ottimo, invece, il dessert al cioccolato con croccante e salsa al passion fruit di perfetto equilibrio.
Senza stravolgimenti, in punta di piedi ma con inesorabile continuità, Alessandro Negrini e Fabio Pisani hanno conservato, a volte limato e, in generale, riplasmato nella forma il pensiero culinario di Aimo. Un’idea di cucina che, a 56 anni dall’apertura, ha sempre fatto della centralità dell’ingrediente, dell’importanza del rapporto diretto coi produttori e delle risorse soprattutto del regno vegetale, i suoi punti cardinali. Qui, anche il palato più erudito riscopre la purezza dei colori primari, degli ingredienti perfetti, di una cucina costruita intorno al prodotto e una cura al dettaglio senza eguali, trasversale ai sottili giochi di amaro, acido, salmastro, tracce e stimoli sparsi come allegorie medievali lungo il percorso. Completa il quadro un’intrigante mescita e una carta dei vini con etichette non banali, prestigiose ma scelte con personalità.