Entrando al Nuovo Yacht, locale accogliente avviato nel 1995 da Tommaso Sanviti assieme alla moglie Mary in via Raffaele Sanzio, (due passi da Buonarroti), precorso di solo qualche anno da una iniziale gestione in via Tiziano, si respira la brezza di quei tempi grazie agli arredi navy in tek originale da barca e oblò che illuminano la sala. Ad accogliervi il garbo del figlio maggiore Mario che, con la madre, fanno sentire proprio come a casa; in cucina la mano gentile di Maurizio, il secondogenito.
Il menù del Nuovo Yacht è interamente dedicato al mare con proposte del giorno sempre stagionali. Ad aprire il pranzo, sapide e carnose Ostriche Marennes Oléron che restituiscono tutta la potenza iodata dell’Oceano di Aquitania, Gamberi rossi e Scampi di Mazara del Vallo, Gamberi viola di Gallipoli e Gamberi blu della Nuova Caledonia. Tra gli antipasti una menzione speciale per la Tartare di Ombrina con finocchi e pomodorini essiccati servita su una divertente piastra di sale rosa dell’Himalaya il cui risultato detergente e sapido stimola festosamente il proseguo del desinare. Al dente e delicate le Linguine all’Astice, gustosa la Spigola al forno in crosta di patate ed eterogeneo Fritto Misto arricchito da ottimi tranci di baccalà e servito in una simpatica cassetta di legno. Carta dei vini corretta orientata prettamente ad etichette nazionali con alcune proposte di bottiglie francesi e una piccola sezione dedicata agli Champagne. Buon assortimento di distillati.
In quella che fu una sede della Feltrinelli, nel centro storico, prende vita l’Hub di Identità Golose: un ristorante elegante, accogliente, fine dining nel completo e pieno senso della parola. Grazie a Paolo Marchi e Claudio Ceroni la proposta gastronomica è fantasiosa, viva e attuale, e ben si cala nel contesto milanese di cui rappresenta tutta la vivacità culturale. La proposta cambia, vi è un fuori carta diverso ogni settimana e durante il servizio del pranzo c’è la possibilità di vedersi servire l’esclusiva pizza di Franco Pepe. A cena la cucina sorprende con i piatti storici di alcuni tra i grandi cuochi, italiani e internazionali, in un ciclo di menù a tema.
La carta è firmata dagli Chef Andrea Ribaldone ed Edoardo Traverso e spazia dai classici di via Romagnosi, come il Fusillo Milano (che sostituisce l’iconico Spaghetto), la Milanese “Identità” e arriva fino ai nuovi piatti, tutti stagionali come la Seppia scottata, crema di patate, limone e taccole, il materico Carpaccio di tonno, datterino e passion fruit o i generosi Tagliolini con ragù di coniglio e il suo fondo. Didattica la Selezione di formaggi e le diverse stagionature di Parmigiano Reggiano.
Il servizio è energico, vitale ed estremamente professionale. Per il pranzo è confezionata una carta business lunch di 3 portate a 35 euro, oppure si possono scegliere due portate dalla carta per 40 euro. Da mercoledì al sabato per la cena c’è il menù degustazione, 4 portate a 75 euro. La carta dei vini è ristretta ma con proposte stuzzicanti, i prezzi sono adeguati e c’è anche una carta dei cocktail.
Elegante e raccolto salotto gourmet allestito con grazia nel mitico « Spazio » di Rossana Orlandi e sito in una traversa di Via San Vittore. Il seppur giovane Chef Lorenzo Pesci, lo scorso anno premiato come ‘Miglior chef under 35’ nell’ambito dei Food Community Awards che vanta anche una collaborazione presso Cracco, ha preso da poco con mano salda le redini di questo luogo «must» nel panorama della ristorazione milanese. Comodi divanetti impreziositi da tessuti Etro e luci tenui rendono ancora più ovattato il desinare in questo “BistRo” contemporaneo. Possibilità di menù à la carte, menù degustazione o di uno più ristretto con alcune proposte dello Chef.
Tra gli antipasti del BistRo, segnaliamo Uovo marinato con una detergente e croccante brunoise di sedano rapa e Mazzancolle tiepide con burro alla vaniglia e scaglie di bottarga di muggine, deliziosi Torcinelli (fettine di fegato arrostito), alici marinate e peperone rosso, a seguire un poco entusiasmante Taco di riso allo zafferano farcito da un carpaccio di anguria e ‘nduja. Superbe, innovative e dal gusto piuttosto spinto le Tagliatelle con barbabietola, polvere di alloro e aceto al limone seguite da un più tradizionale Riso mantecato al mascarpone, seppia cruda ed erbe fresche. Deliziosa, tenera e rassicurante la Guancia di manzo e la sua buona salsa. A concludere questa gradevole sosta, cioccolato al 70% con gelato di albicocche.
Carta dei vini non molto estesa.
Claudio Liu, proprietario del ristorante Iyo, ha perseguito, fin dall’inizio, il modello del fine dining contemporaneo, incernierato su un’atmosfera sofisticata, carta dei vini (anche dei sake e dei tè) ricercata, brigata di sala numerosa e preparata – capitanata da Danilo Tacconi – e una cucina che abbini solidità, creatività e massima attenzione per l’aspetto estetico.
La squadra di cucina è diretta dallo Chef Giampiero Brotzu, dal sushi Chef Katsumi Soga e dal Pastry Chef Luca de Santi. Qui, i vari sushi, sashimi e chirashi realizzati, dalla precisione esecutiva di prim’ordine, spaziano dai nigiri classici e “speciali” ai gunkan e agli uramaki come, ad esempio, lo “Yume”: tempura di gamberi e shiso, carpaccio di tonno marinato in salsa di soia con crema wasabi. Riconoscibile è l’impiego di materie prime impeccabili fattore ancora più evidente nella sezione creativa del menu. L’accuratezza estetica delle presentazioni trova solidi contrafforti nella texture e in sapori netti e bilanciati, come in “Hotate usuzukuri” (carpaccio di capesante, vinaigrette allo yuzu, umeboshi, caviale Royal Oscietra e polvere di shiso rosso disidratato).
Per quanto riguarda la cucina cucinata di Iyo, ai classici piatti caldi affianca un’altrettanta proposta creativa. Ne è esempio è il complesso, elaborato ma goloso piccione in tre cotture. Infine, “Monte Fuji“, rivisitazione del classico Montblanc è la dimostrazione che la pasticceria è in perfetta assonanza con la cucina tanto nelle idee quanto nella qualità esecutiva.
Il ristorante Felix Lo Basso Home&Restaurant può essere assimilato ad un teatro. I posti a sedere sono massimo 20. Metà al bancone da cui ci si affaccia direttamente sulla cucina, a vista, ma potremmo anche dire che si è dentro la cucina – organizzata come una cucina casalinga – dato che non vi è un vetro a divisione. Mentre gli altri 10 sono disponibili in una saletta, per chi volesse più riservatezza.
Quella di Felice Lo Basso è una cucina recitata, che non nasconde le origini pugliesi dello Chef ed anzi, in esse trova ispirazione. Il menù, a sorpresa, è un viaggio che va per direttissima in Puglia. Gli amuse bouche spaziano da una rivisitazione dell’insalata russa ai crudi di mare come il Carpaccio di corba rossa del Gargano con crema di mandorle e acqua di pomodoro. Ugualmente meridionale è Garusoli, maionese di ostrica, vongole, spuma di patate al limone, polvere di tarallo e granita di asparagi di mare, nelle sue note sapide e gustose che riportano al mare. Il crudo ritorna anche nel Risotto al pesto di erbe, salsa di caciocavallo e bisque di gamberi, con gambero servito al naturale, piatto spinto sulla componente aromatica del pesto.
Il rapporto con lo chef e la brigata è parte integrante dell’esperienza. Il menù è completamente a sorpresa poiché non verrà mostrata una carta, e può variare a piacere della cucina. Una certezza sono però crostacei e pesce. La politica del ristorante, purtroppo, non è adatta a chi ha allergie o intolleranze alimentari poiché il menu non verrà in alcun modo modificato.
Già dal nome, Giannino dal 1899, comprendi che puoi avvicinarti con sicurezza e iniziare a leggere il menu con curiosità. I milanesi delle varie generazioni che si sono succedute è come se si fossero tramandati il piacere di andare ogni volta a scoprire cosa “bollisse in pentola.” Nei 120 e più anni da fiaschetteria a locanda anche per gli “sciuri” dove nelle diverse sedi sì è potuto osservare e leggere di un jetsetting vigoroso e appariscente.
Ma cos’è oggi da Giannino dal 1899? Un ristorante con la R maiuscola, che è stato capace di rinnovare se stesso in maniera elegante in uno dei periodi più bui per la ristorazione italiana a causa della pandemia del 2020. Ma le cose fatte bene si sa sono in grado di superare anche le peggiori avversità e questo luogo di magistrale accoglienza ed ospitalità è oggi sulla cresta dell’onda della ristorazione milanese. Merito della nuova proprietà che ha saputo tanto investire sull’Heritage quanto ha iniettato quel quid di innovazione come la capitale della moda e della finanza richiede. I locali sono di un discreto e misurato lusso, ambiente ovattato che mette subito a proprio agio. Un salone di casa, accogliente e rilassante.
Comodo nella seduta, servizio “festina lente” tanto per un business lunch efficace quanto per una cena rilassante. Il menu attinge alla variegata e ad un tempo sapiente esperienza dello Chef Maurizio Lai. Un luogo in cui si sta facilmente bene, in luogo in cui si può anche osare di entrare nel fine dining dalla porta principale e senza timore di rimanere delusi, anzi. Giannino dal 1899 si è tolto la polvere di dosso, ha lucidato tutto e ha reso tutto scintillante intorno a sé.
Questo elegante ristorante, ubicato dal 1967 nell’antico Casello del Dazio di Piazzale Cantore in zona Porta Genova, è un approdo, un “Porto” sicuro nel “mare magnum” dei ristoranti di pesce milanesi supportato dalla presenza in cucina, da oltre tre decenni, dello Chef Emilio Mola. Entrando, una bella teca con le proposte del pescato e, sulla sinistra, una sorta di bancone in stile giapponese al quale potersi accomodare per venire serviti assistendo “live” alla preparazione dei piatti e per una sosta più celere e meno impegnativa. Il Patron di Al Porto, Domenico Buonamici, da sempre accoglie con quel giusto garbo e misurato distacco di chi sa bene come approcciare la sempre vasta clientela affidandola ad un disinvolto ma puntuale servizio ai tavoli. Appena fatti accomodare nel giardino d’inverno, viene omaggiato uno stuzzicante assaggino di moscardini semi affogati in una morbida polentina.
Tra le entrées scelte, tre tipi di Ostriche (Gillardeau, Irlandesi – strepitose – Fine de Claires) e tartufi di mare. Come primo piatto Risotto al curry e gamberi dai chicchi “scoppiettanti” e dall’essenza cremosa e aromatica, deliziose “fragoline di mare” ripassate in padella con un gustosissimo intingolo in bianco e una fresca selezione di Crudi composta da Tartare di tonno e ricciola, scampi e gamberi rossi. In carta, una buona prevalenza di risotti assortiti, con altre proposte di pasta e zuppe. I secondi piatti in lista consistono in grandi classici della cucina nazionale e versiliese trattati sempre con mano salda e con buone offerte di “pescato” del giorno. Ottimi dessert “maison” e sorbetti detergenti a concludere la sosta Al Porto.
Carta dei vini nella media, senza grandi sorprese.
Continua imperterrito il fenomeno di serializzazione di uno dei prodotti artigianali per eccellenza, la pizza. Ci Sta Friendly Pizza è uno dei più recenti format dedicati alla pizza che ha aperto i battenti nel mercato milanese con due sedi una a ridosso di Corso Sempione e l’altra in Brera. Un’altra sede è stata aperta a Verona. Ideatore del progetto un bravo imprenditore palermitano, quel Nico Grammauto già co-artefice di realtà ormai consolidate come Pizzium e Temakinho.
L’impasto della pizza è leggero, la cottura assolutamente corretta, quello che convince meno è la qualità degli ingredienti utilizzati per il topping, che non ci è parsa al livello delle migliori pizzerie in città. Infine la concezione di alcune pizze, come la Decisa, in cui la porchetta è risultata decisamente secca e le patate avrebbero forse meritato un po’ di croccantezza.
Oltre alla pizza qualche antipasto (tra cui una discreta frittura) e qualche piatto. Nello specifico salsiccia e friarielli, che tuttavia non ci ha convinto per i friarielli, che ci sono proprio sembrati quelli in barattolo.
Buoni i dolci.
Avviato nel 1934 da Settimio Cavallini assieme alla moglie Adele questo luogo è un altro esempio di insegna meneghina tramandata con successo di padre in figlio per tanti anni sino al 2011, anno in cui Joseph Gaphios e Silvano Allambra ne rilevano con affidabili risultati la gestione. Bel locale con fini boiserie in legno scuro nel quale soggiornare vieppiù con la bella stagione accomodandosi nel lussureggiante dehors.
Nel menu varie proposte di carne e di pesce per accontentare un pubblico più vasto. Si aprono le danze con delle capesante in “panure” insaporite da chicchi di uvetta sultanina e pinoli, a seguire gustosi, equilibrati e aromatici Rigatoni Rummo con cacio romano, pepe del Madagascar e guanciale croccante. Come secondo piatto, branzino al forno con contorno di patate. Dessert assortiti, sorbetti e gelati di propria produzione completano la sosta.
Carta dei vini interessante con proposte al calice e mezze bottiglie. Buon assortimento di Champagne.
È indubbiamente un grande lavoro quello che sta portando avanti Gaia Giordano nel ristorante Spazio Milano.
Un’oasi di cucina giovane, colta, con vista sul Duomo. Per questo possiamo dire che Niko Romito sia riuscito là dove molti altri hanno fallito, visto che è tutt’altro che scontato il successo di bistrot che nascono come emanazione di grandi tavole. Qui il discorso è molto diverso e non ce ne meravigliamo conoscendo il livello della scuola di formazione del grande Chef abruzzese. Bravissima, poi, Gaia Giordano: una Chef capace di elaborare una cucina ad altissimo indice di piacevolezza – senza però mai scadere in inutili piacionerie.
La cucina di Spazio Milano continua a progredire nel segno dell’eleganza e della leggerezza. Su tutti spicca Indivia belga, mandarino tardivo e arachidi, piatto di cottura impeccabile, in cui a rubare la scena è una crema di arachidi di eccellente equilibrio, accompagnata dal contrappunto agrumato del mandarino. Di alto livello anche la Trota, pomodoro fermentato e portulaca. emblematico della cucina della Giordano: pochi ingredienti, grande armonia gustativa e sapiente tocco vegetale, senza dimenticare, però, il Baccalà, cipolle, polvere di capperi: un omaggio alla tradizione dei sapori “ancestrali”, riproposti in un gioco di forme e consistenze nuove.
Il servizio di sala sempre gentile e preciso, svolge con enorme capacità un compito assai impegnativo: capire immediatamente le aspettative e le esigenze dell’ospite, far fronte a qualsiasi richiesta in maniera sartoriale.