Passione Gourmet Milano Archivi - Pagina 10 di 22 - Milano Passione Gourmet

El Patio del Gaucho

A due passi dallo Stadio Meazza, all’interno dell’Hotel Sheraton San Siro, recentemente ristrutturato (che forma così un bel Trio nello scenario dell’Hôtellerie Milanese assieme al Diana Majestic e allo Sheraton Milan Malpensa), il Mito del Pallone Javier Zanetti ha avviato nell’agosto del 2019 il suo vivace luogo di ristoro ove viene celebrata dall’aperitivo al fine pasto la buona cucina della sua natia Argentina: El Patio del Gaucho. Si aprono le danze con un elegante e composto Sashimi, foie gras consistente in un soffice carpaccio di Black Angus impreziosito da mirtilli all’aneto e foie gras e si procede poi con un crescendo gustativo grazie alle deliziose Mollejas a la Parrilla, animelle grigliate “ad hoc” che stupiscono il palato con il saporito candore del latte e la loro spugnosa consistenza. In carta, le immancabili Empanadas fritas e provoleta fusa in padella in molteplici versioni, taglieri di salumi, anchoas et alia. Ed ecco giungere de la Parrilla, Sua Maestà La Carne proposta in diversi tagli che si compongono in Cortes de carne sin hueso, tagli di carne senza osso, e Cortes de carne con hueso, con l’osso. Abbiamo degustato entrambe le opzioni con il Vacío de verdulero, succulenta Bavetta con verdure alla griglia e Corte del parillero, quest’ultima consigliata dal garbato personale di sala, ma non del tutto convincente. Peccato. Per i non tifosi della carne, una interessante selezione di Frutti di mare e di Pescato cotti nel forno a carbone Josper. Dulcis in fundo, tra i Postres, Pastel de dulce de leche, Tortino caldo di dulce de leche con gelato alla crema, Crema Catalana, Flan Casero, Sorbetes y Helados sortidos, sorbetto e gelati assortiti. Da non dimenticare che ogni domenica a pranzo, El Patio del Gaucho, anche come alternativa all’abusato Brunch, c’è l’Asado del Domingo. Ottima proposta di signature cocktails e carta dei vini allestita con notevoli proposte Patrie Argentine con una piccola offerta di etichette straniere.

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Nel movimentato Viale Pasubio, a due passi da Corso Como, si colloca l’Antica Trattoria della Pesa, questa raffinata osteria, tra le più antiche in città, ove pressoché ogni oggetto è rimasto nostalgicamente cristallizzato sin dal 1880 (anno in cui è stata avviata), in primis il gabbiotto con i macchinari della pesa un tempo impiegata per il dazio delle merci di Porta Comasina, l’attuale Porta Garibaldi. Solerti camerieri in divisa, stufe in maiolica, boiserie, belle tovaglie, nonché la delicata cortesia della padrona di casa Francesca, ci ricevono nella degustazione di una cucina finemente robusta e affidabile rivolta prevalentemente alla tradizione lombarda, in particolare quella milanese, dagli antipasti al dolce. Optiamo per iniziare il pasto con un gustoso, tiepido e corroborante Foiolo alla milanese; in lista anche Cotechino con purée, Faraona in carpione, Antipasto misto di salumi con sottaceti lombardi et alia. Profumato, giallo e crostigliante il Risotto al salto con rognoncini trifolati corposi e sodi, e tenera e rosa è la tradizionale Costoletta alla milanese; in carta, Ossobuco con risotto alla milanese, Cassoeula, Brasato con polenta, Bocconcini di vitello con carciofi e purée, Filetto al pepe verde e Tartare di filetto. Per terminare in modo coerente questo sostanzioso intervallo, ci delizia uno spumoso, etereo e confortante Zabaione caldo accompagnato da burrosi biscottini; a scelta tra i dolci, Tarte tatin, Zuppa inglese, Crème caramel, Mousse al cioccolato, Sorbetti e Frutta di stagione. La carta dei vini della Antica Trattoria della Pesa si presenta senza grandi sorprese.

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Food writers è il progetto indiscutibilmente riuscito di un team di giovani che ha deciso di coltivare, affinare e distribuire varie specie di Ostriche (oltre duecento tipologie provenienti dalle migliori filiere d’Europa), la cui beniamina è la Tarbouriech alias La Perla del Delta, e in seguito ha “messo su” Bottega in zona San Siro ove potere acquistare Coquillages e Crudité di mare, degustandole al bancone magari con un calice di bollicine, oppure accomodandosi al tavolo per una cena allestita dallo Chef lucchese Claudio Rovai, ex valente timoniere di Exit Gastronomia Urbana.

Optando per quest’ultima ipotesi, magnifica ouverture con un rimarchevole Plateau che sfila tre varietà di ostriche: la succitata Perla del Delta, signora di composta eleganza, la Irlandese, un inno alla (pre)potenza dello Iodio e la Irlandese affinata in Bretagna ove al palato emergono sentori di melone bianco e note fruttate di terre lontane; a seguire Bulots, fasolari e mandorle di mare. Si prosegue con un bis di antipasti tra cui la superba Bruschetta di pan brioche, tonno, lardo di Colonnata e foie gras dal gusto perfettamente bilanciato e tondo di cui non saresti mai sazio e una pregevole Sfoglia salata, foie gras di pescatrice, chicchi di uva nera e Porto che, per la sua decisa amabilità, avrebbe potuto incarnare magari più un raffinato dessert che un Hors-d’Oeuvre. Tra i main course di Food writers, interessante la Ceviche di capesante, zucca e pesto alla siciliana mentre un po’ gummy e più consueto lo Yakitori di polpo in agrodolce, bok choy e spuma di polenta bianca. Carta dei vini migliorabile, causa una ristretta proposta di etichette.

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In una traversa di Corso Genova, Matteo Ferrario – cuoco – e Stefano Carenzi – oste – hanno dato vita a Dry Aged, un’insegna a metà strada tra un bistrot e una steakhouse. Oltre a proporre pregiati tagli di bovino hanno pensato anche a opzioni vegetariane e qualche gradito carboidrato, in un menu ideato intelligentemente per esaudire varie esigenze. 

Illuminazioni, quadri d’autore e ambienti “New York Style” con cucina a vista fanno da cornice a preparazioni di facile lettura che sfoggiano prodotti di prima qualità, dalle costate (principalmente da Spagna, Italia e Polonia) che vengono fatte affinare in appositi frigoriferi a temperatura controllata, a prodotti ittici di prestigio internazionale come il Tonno Mackintosh in crosta di sesamo servito con una gustosa caponata di verdure, che abbiamo piacevolmente gustato.

Da Dry Aged, cotture sapienti, contorni di stagione e qualche piatto della tradizione meneghina con un piccolo tocco creativo (Mondeghili e Risotto alla milanese) fanno di questa tavola una perfetta opzione per chi vuole godersi la proteina animale sapendo che i commensali vegetariani hanno valide alternative dalla carta. Il servizio di sala è premuroso, giovane e cortese. Peccato soltanto per l’odore di brace che non viene contenuto come dovrebbe dai sistemi di areazione della cucina, espandendosi anche in sala. Un centinaio le etichette presenti nella carta dei vini, selezionati con criterio.

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Nella quiete della campagna a soli otto km dal centro città e prospiciente un ameno laghetto di pesca sportiva, questo agreste ristorante indossa il nome dello Chef-Patron, Cristian Magri, che, dopo plurime esperienze presso note insegne della cucina nazionale ed internazionale, ha deciso di avviare nel 2011 la sua attività attraverso la proposta di menu creativi con un “focus” sempre improntato alla memoria e all’impiego di materie prime stagionali che reperisce direttamente dal suo orto. Del menu à la carte di Cristian Magri assaporiamo la Piovra e i calamari arrostiti irrorati da grappa al tabacco, bottoncini di stracciatella e cerfoglio – ma l’insieme del piatto forse non ha restituito al palato grande mordente – seguiti da gustosi e profumati Spaghetti dei sibillini insaporiti da nivei tocchetti di pesce sciabola, crostiglianti foglie fritte di malva del campo, crumbs di pane arrostito e finocchietto selvatico. Bravo. A seguire, “Non è un acquario ma un fritto di mare“, ove in superficie emerge una grande porzione di pesce e crostacei fritti serviti in un alto piatto di vetro quadrato trasparente a mo’ di vasca nel cui fondale ondeggiano colorate e croccanti verdure. Secondo la tradizione, sebbene rivisitata in chiave più moderna, l’Entrecôte impanata alla milanese “al giusto rosa”, con rabarbaro, una composizione di verdure di stagione e fronde di malva che felicemente largheggiano nel verziere della proprietà. In carta, Maialino cotto 12 ore nell’olio evo, Piccione nostrano e Carré di agnello. Possibilità di chiudere il pasto con dessert corroboranti (Tiramisù caldo e freddo, Il Bacio di Aimo e Nadia composto da una Mousse al cioccolato fondente, biscotto al cacao e nocciole) o con una degustazione di formaggi vaccini o caprini. Carta dei vini ben assortita orientata a etichette nazionali e con una sezione dedicata al fine pasto con grappe e vini da dessert.

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Il maestro Peppe Barone, per la storia recente della cucina siciliana di qualità, è un cuoco alla corte del quale sono passati tanti talenti dell’Isola. Dopo aver fatto la storia della cucina gourmet della Sicilia orientale con la Fattoria delle Torri, a Modica, quasi sul viale del tramonto. A coadiuvarlo in questa nuova avventura c’è l’elegante padrona di casa Stefania Lattuca. Terramare è una osteria moderna, nascosta in una via tra Brera e il Castello Sforzesco, un locale piccolo ma accogliente, che vanta interni curati e colorati con tipiche tonalità che rimandano all’immaginario del Sud Italia. La cucina è creativa quanto basta, e affianca ai piatti della tradizione sicula anche qualche must della tradizione milanese come il risotto e l’immancabile cotoletta. Nel solco della tradizione più pura troviamo la Caponata barocca con aggiunta di cacao preceduta da una panella calda con limone. Leggermente rivisitata la Pasta con le sarde che non contempla lo zafferano ma alla base presenta una crema di ricotta alle acciughe che smorza il sapore deciso del pesce azzurro. Il Tataki di tonno, sesamo e yogurt è esteticamente molto di impatto, oltre ad sfoggiare una cottura semplicemente millimetrica. Il servizio di sala di Terrammare si rivela estremamente gentile mentre le tempistiche di servizio registrano qualche rallentamento a locale pieno. Possibilità di scelta tra due menù degustazione, uno a 65 e l’altro a 90 euro. La carta dei vini offre una selezione volutamente regionale, con etichette essenziali.

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Là dove c’era il mitico “Entropia”, leggendario Pub e Trattoria avviato in Via De Amicis nel lontano 1982 seguito da una breve raffinata gestione del “Nordic Grill” improntato sulla buona cucina del Nord Europa, ora c’è questo elegante, accogliente e soffuso locale dedicato al mondo ittico gestito dalla Famiglia De Meo già titolare con successo del ristorante “Mare Nostro” a Rho, sito a pochi chilometri da Milano. Al Cöral, per animare il debutto della cena, è lieto affidarsi alle sapienti mani del Mixologist che crea raffinati cocktail, anche non alcolici e “on commission”, che qui abbiamo abbinato ad un piccolo Plateau di percebes e bulots ma diversamente si può scegliere di aprire il desinare con selezioni varie di Caviale, Crudité di crostacei, Carpacci e Tartare. Ottimo, fiorito e fine in bocca, il Carpaccio di tonno insaporito da un dressing di salsa “japanese”, erba cipollina, wasabi fresco seguito da Insalata di astice con avocado e mango nociuta purtroppo da un’eccessiva quantità di salsa di soia che ne ha mascherato il gusto e conferitole troppa sapidità. Gentili al palato i Tagliolini all’emulsione di ricci e intensamente iodati i Ravioli 12 passaggi ai frutti di mare con consommé ai crostacei. Segue una sdilinquente e soda Anguilla glassata con insalata di cavolo cappuccio fermentato e frutta di stagione. Bravi. Concludiamo in morbidezza con il pan di spagna della Torta latte e miele con meringa al limone; in lista Tiramisù, Cheesecake e Tartin Tatin. La carta dei vini di Cöral ha una pregevole selezione di Bollicine italiane ed estere.

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Nel contesto residenziale della ex Zona Fiera, è piacevole e rilassante sostare in questo ristorantino di quartiere che, oltre nella confidenzialità del “nickname” – Da Vic – indossa anche nella sostanza la personalità del Patron e cuoco Vittorio Guerrini che negli anni ha saputo conquistarsi una clientela trasversale di habitué con un menu che si destreggia parimenti tra proposte di mare e di carne. Da Vic, nella sala dai toni soft e mattoni a vista, il personale sorridente dona ospitalità porgendo un calice di bollicine e prontamente si appalesa il titolare che, con garbo, dispensa delucidazioni sulle portate in carta. Tra gli antipasti di pesce, gustoso e turgido il Carpaccio di cappesante condito con olio evo, limone e pepe, deliziose le Cotolettine di alici dalla perfetta impanatura, mentre peccano per eccesso di sapidità i Fiori di zucca al forno farciti di ricotta, parmigiano e tocchetti di Culatello. A seguire, i Tagliolini dei Sette Sensi, dall’impeccabile punto di cottura, allestiti con una rilevante dovizia di frutti di mare su un fondo piuttosto spinto di aromi dalla prevalente nota verde di origano. Tenera e avviluppante “comme il faut”, la Guancia di vitello con salsa al Barolo accompagnata da polenta abbrustolita. Concludono il pasto, il Carosello dei dolci e sorbetti in varie declinazioni. Carta dei vini nella media, senza sorprese.

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Nel proliferare di locali fusion a Milano siamo approdato presso questa interessante proposta nel giovane e dinamico quartiere di Porta Nuova-Garibaldi. Alla regia c’è Matteo Zhu, giovane proprietario – classe 1996 – nato a Biella da una famiglia originaria dello Zhejiang. È merito suo la scelta audace di aver voluto scommettere su questo angolo nel pieno centro della City Milanese. La famiglia è nella ristorazione in Italia da tempo, ma questo progetto si pone obiettivi ambiziosi con un desing ricercato e elegante e una cucina che strizza l’occhio al Giappone per poi allargarsi al mondo intero. Da Waby abbiamo degustato un Tris di ostriche intriganti e ben fatte, con tanti ingredienti di qualità e ben amalgamati e un sushi creativo ben realizzato. Un Black cod davvero buono, anche se forse un filo sapido e concentrato. Un luogo con una carta dei vini discreta, seppur incentrata su referenze abbastanza diffuse, completa il cerchio di questa esperienza, che mostra importanti margini di miglioramento. Forse l’unico vero appunto che possiamo muovere è che l’utilizzo di fornitori ottimi, ma abbastanza tradizionali e diffusi, alza certamente la qualità a dispetto di prezzi che rendono forse poco competitiva l’offerta, già abbastanza affollata, di locali di questa natura. Quanto al servizio di Waby è attento, preparato e molto solerte, sempre vigilato dal proprietario. Una esperienza intrigante e sicuramente interessante, pur coi limiti che abbiamo segnalato.

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Questo ristorante di remoto lignaggio, tra i più antichi di Italia, incignato nel 1696, dimora elegantemente in una delle più incantevoli e discoste piazze Italiane, all’interno del prestigioso Palazzo Belgioioso e nel cui Largo si mormora parrebbe aggirarsi il fantasma di Alessandro Manzoni che ivi fece edificare la sua casa-studio. Appena varcata la soglia di questo leggendario luogo, si viene travolti dalla storia e dalla raffinatezza austera dei tempi passati, affollano il “Salone delle Colonne” le conversazioni composte e il viavai dei clienti assieme al passaggio celere e disinvolto dei camerieri in giacca nera impegnati nel servizio ai tavoli. Il menù di Boeucc accosta piatti della tradizione, tra cui Risotto allo zafferano, Risotto alle rane, Costoletta alla milanese e Ossobuco di vitello, a proposte più generaliste di primi piatti, di carne e di pesce per accontentare un pubblico più vasto. Si esordisce con una gustosa Insalatina di nervetti e affettati misti e dei Funghi porcini trifolati un poco scialbi. Tra i primi scelti, in questo viaggio “à rebours”, rassicurano gli appetitosi e reazionari Maccheroncini verdi alla panna e guanciale vivificati da un tocco di salsa Worcester, mentre si procede nella celebrazione della milanesità con il Rognoncino trifolato che con la sua croccante sapidità eccita il palato seguito da un Fritto di cervella, animelle e fiori di zucca piuttosto inaridito. Si conclude il pasto con sorbetti alla frutta scaldati da gin e distillati a piacere. Carta dei vini nella media con qualche eccessivo ricarico.

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