A due passi da Corso Sempione, nella vivace Via Procaccini milanese densa di interessanti insegne gastronomiche, ha preso vita qualche anno fa Maison Bretonne, un bistrot francofono che propone essenzialmente Plâteau di formaggi d’Oltralpe, Insalate servite nelle Galettes che qui fungono da involucro, Omelettes e Galettes de sarrasin – di grano saraceno – (una trentina in lista) o da comporre a piacimento. Golose Crêpes sucrées in varie declinazioni completano la carta dei dessert che annovera anche la Tarte tatin e l’introvabile Far Bretonne (una sorta di Flan alle prugne). Questa crêperie, arredata sobriamente con tavolini e scaffalature in legno chiaro che accolgono diverse etichette, si sviluppa tra una piacevole saletta, vestita di tanti quadretti evocanti la douce France, e un déhors con una ventina di coperti sul viale alberato. Debuttiamo con un plâteau di formaggi allestito con Caprino di latte vaccino alle erbette fini, Caprino di pura capra, Camembert e Roquefort accompagnati da miele e due tipi di confetture, una ai fichi e una superba alle arance amare, degustato assieme a una divertente tazza di Cidre Breton proposto sia in versione Doux o Brut. Proseguiamo con due fragranti Galettes cotte ‘express’, ça va sans dire, da Davide Sommella, uno dei due soci e ‘Maitre Crêpier’ di Maison Bretonne formatosi presso la “Ecole Maître Crêpier” di Rennes; la prima, Brest, è farcita con del Magret de Canard, cipolle caramellate, formaggio Buche de Chèvre e la seconda, La Rochelle, con Prosciutto cotto e buche de chèvre, purtroppo poco incisiva al palato e connotata da una farcitura piuttosto esigua; caratteristica peraltro riscontrata anche nell’altra. La carta dei vini di Maison Bretonne è interessante con una bella e ampia sezione dedicata agli Aperitivi con offerte di sidro, vini anche al bicchiere, cocktail e gin.
Nella vivace via Moscova a pochi passi da Brera, è allocato questo super gremito Bistrot, fratello di quello già avviato nel 2014 a Hong Kong, ove poter assaggiare un’ottima cucina allestita dalla competente brigata del pluristellato Chef Giancarlo Perbellini che mette in tavola, come avevamo visto, tutto sommato poche ma gustose pietanze della cucina classica italiana, anzi milanese. Da Locanda Perbellini Bistrot debuttiamo con due golosità: il vitello tonnato, (Vitello T’Onnato) nella versione autoriale e da sussulto, insaporito da una spumeggiante salsa tonnata, uova sode e capperini fritti e la Battuta di Fassona, pomodoro confit, pistacchi e maionese al wasabi, susseguiti da un primo piatto fuori menù : il Raviolo farcito di carne di cervo e asparagi permeato da una spinta sapidità ; infine avviluppante e voluttuosa la tenera Guancia di vitello brasato, purè di patate e porri fritti mentre crostigliante fuori e, malleabile nel cuore, la Pancia di Maialino, asparagi bianchi e pesto di pomodoro confit. Terminiamo questo piacevolissimo intermezzo con uno scattante Tiramisù. La carta dei vini è piuttosto articolata con proposte di etichette nazionali ed estere.
Una cucina classica italiana, anzi milanese e pertanto contemporanea come la città di Milano tutta va in scena in via Moscova 25. Locanda Perbellini è oggi un locale arredato con eleganza ma gestito senza affettazione dove Giancarlo Perbellini ordisce un menù che omaggia la tradizione gastronomica milanese, con gusto tanto vernacolare – visto che non teme di enfatizzare ulteriormente le grassezze e le rotondità – quanto modaiolo, allineandosi alla nouvelle vague vegetale che riprende in piatti come la la Spuma di cipolla, pane al pomodoro, basilico e pepe, gustosa e corrobirante, e nel voluttuoso Cavolfiore con tartufo e salsa Mornay, ovvero immerso in una besciamella rinforzata con tuorli d’uovo ed evidenti incursioni casearie. In ogni piatto, oltre alla voluttà evidente, alberga tuttavia anche una tangibile armonia tra semplicità e gusto, la stessa che abita anche il bel Vitello T’Onnato che della ricetta classica rappresenta la versione autoriale in cui oltre alla vaporosissima salsa balzano alle papille filetti d’acciuga quasi caramellati e splendide pepite di cappero, oltre a turgidissime uova sode. Meno equilibrata, ancorché peccaminosissima, la Millefoglie eponima: un dolce poco contrastato le cui dimensioni scoraggiano anche solo alla vista considera l’incetta di lipidi fatta dianzi. Non si esce di certo affamati, da Locanda Perbellini, ma nemmeno appesantiti; per tutte queste ragioni appare ancora più encomiabile il rapporto qualità/prezzo, che tuttavia si riparametrizza presto sui prezzi meneghini grazie al costo dell’acqua e nei ricarichi dei vini.
In una delle vie più vivaci, dal punto di vista gastronomico, della Milano a cui piace mangiare, troviamo Mater Bistrot. Il locale è piccolo, posto all’inizio di Via Sottocorno. La proposta della cucina è piuttosto variegata ma si può riassumere in tre tipologie di piatti: piccoli bocconi da mangiarsi “con le mani”, intermezzati da “piattini” più consistenti e “piatti” veri e propri. In verità sono anche presenti piatti del giorno (incluso il dessert). Ma se la scelta risulta difficile non temete, potete sempre affidarvi allo chef.
Alex Leone, cuoco e proprietario, propone tre percorsi degustazione “bendati e guidati”, in cui il commensale si affida alla cieca nelle sue mani. I sapori spingo sull’acido e sul sapido ma nel complesso risultano anche rotondi. La Polpetta di mare con maionese al rafano e il Carciofo alla giudia sono piatti di pancia, l’Asparago con tuorlo e briciole urla “stagionalità” a gran voce, e sulla stessa linea d’equilibrio ma più elegante: il Risotto con aglio orsino e uova di salmone marinate. Non si teme a spingere sul Ceviche di tombarello, con mosto di fichi, estratto dragoncello accompagnato dalla sua ventresca, con mais croccante e ananas speziato: un piatto che azzarda e risulta essere solo un po’ asciutto, nel suo risultato finale.
Molto informale ma cortese il servizio. La proposta della carta dei vini, invece, è incentrata principalmente sui vini naturali. I tre menù degustazione proposti sono a sorpresa e variano, decisi dall’estro dello chef, ma si può scegliere la loro lunghezza: 4 portate a 52 euro, 5 portate a 62 euro oppure 6 portate a 72 euro.
Nasce dall’esperienza di Federico Sisti la trattoria, o meglio dire il bistrot Frangente, a Milano. Per chi bazzica un po’ per queste parti il nome suonerà familiare, a lui è dovuta infatti la rinascita, all’Antica Osteria il Ronchettino, della cucina milanese. Ma tra queste mura è tutta un’altra storia: qui lo chef si concede di cucinare liberamente, offrendo un’esperienza rilassata nonostante la continua evoluzione. La cucina a vista, e soprattutto aperta, permette all’ospite di incontrare in prima persona la brigata.
La cucina creativa mantiene il legame con le origini dello chef, romagnolo, con tanto pesce, selvaggina e carne ottima. I piatti cambiano continuamente, frutti dell’istinto dello chef che decide la carta al mercato, lasciando che gli ingredienti gliela rivelino. Omaggio alle radici è la Piadina con rucola e stracchino, ed omaggio alla città che lo ospita è la Testina di vitello, così come i Mondeghili, serviti con una salsa agrodolce. La Cotoletta alta si fa perdonare la mancanza del tradizionale osso con l’altissima qualità della carne e la cottura, a dir poco perfetta, che lascia la carne rosa e succosa, con la panasura croccante; accompagnata ovviamente da un buon purè di patate. In ultimo ma non ultimo i dolci: semplici nella loro perfetta e non facile esecuzione. Provare per credere, la Millefoglie ne è testimone.
Si respira un’aria giovane e dinamica da Frangente. Per chi volesse, all’ingresso e proprio fianco alla cucina c’è lo Chef’s table (il tavolo dello chef), per chi proprio non resiste ad avere gli occhi puntati sulla cucina per tutto il tempo. Celere il servizio, e molto attento. La carta dei vini non si dilunga, sono comunque presenti spunti d’interesse. Il menù degustazione non è ahimè previsto.
Ci troviamo in zona City life/Fiera Milano, qui si trova il ristorante Altriménti. Un bel ristorante di quartiere, con arredi curati e moderni, suddiviso in più ambienti. La sala interna e, all’esterno, un dehors da godersi con la bella stagione, affacciato su una strada poco trafficata. L’idea di Damian Janczara è il ristorante della porta accanto, intimo e da scoprire. In cucina: Pantaleo Daddato. L’accoppiata è riuscita a creare un tavolo a cui far sedere una qualsiasi fascia di clientela, proponendo piatti trasversali, dallo stile ben delineato e nel rispetto del prodotto.
Lo chef pugliese si è formato nella cucina di Aimo e Nadia, ma si ispira anche and altri chef del circondario milanese. I suoi piatti rimandano con creatività alle sue esperienze, alla terra e al mare; il menù si sviluppa così in diverse parti. Si dividono “verdure”, “carni” e “pesci”, con ampia scelta tra antipasti, primi e secondi che cambiano sistematicamente in base alla freschezza e disponibilità di un’ottima materia prima. “Verdure”, “carni” e “pesci”, senza scordare “dessert”: questi sottotitoli sono per così dire contenitori, al cui interno l’ospite può scegliere un’ampio assortimento tra antipasti, primi e secondi che cambiano sistematicamente in base alla freschezza e disponibilità di un’ottima materia prima, combinando anche piatti di sezioni diverse. La freschezza per antonomasia è la Melanzana viola arrosto, basilico, stracciatella e pesto di pomodori secchi; mentre più delicata la Ricciola, carosello, datterino e cipolla di Tropea; in completo contrasto con la golosità dei Ravioli ripieni di ricotta di pecora, zucchinette in fiore, tenerumi, parmigiano e zafferano. Dolce sorpresa i dessert, buonissimi, tra i quali ricordiamo la Granita ai gelsi e brioche calda.
Cordiale e preciso il servizio. Chapeaux alla carta dei vini, ampia e costruita con intelligenza, mantenendo onesti i prezzi. Peccato non ci sia un menù degustazione.
Il Ribot Bistrot è un delizioso ristorante sito nei pressi di Corso Sempione. Prima “Osteria Primo Novecento” specializzata in piatti di pesce, ora fratello «minore», ma solo per genesi, del celebre Ribot di San Siro di cui ricalca gli arredi in fine boiserie e il menù orientato sulla carne.
Molto ampia la proposta degli antipasti, anche vegetali. Qualche primo piatto. Ottime le tartare di Fassona, manzo e toro, condite con tocco gentile per non prevaricare l’essenza delle carni. Svariati tagli alla griglia nazionali ed esteri (Fiorentina Bavarese, Costata del Nebraska USA, Costata di “Barbina Franciacortina, Filetto di Fassona Piemontese, Filetto Danish Crown, Rib-Eye disossata et alia) servite con contorno di verdure di stagione ripassate in padella e patate al forno. Succulenti hamburgers (anche delivery) strizzano l’occhio ad un pubblico altresì più giovane. Per i non carnivori, qualche offerta di pesce.
Buona carta dei vini. Espressi amouse-gueule di benvenuto e fonduta al cioccolato con frutta di stagione a fine pasto, offerti dalla casa. Servizio cortese e puntuale.
È indubbiamente un grande lavoro quello che sta portando avanti Gaia Giordano nel ristorante Spazio Milano.
Un’oasi di cucina giovane, colta, con vista sul Duomo. Per questo possiamo dire che Niko Romito sia riuscito là dove molti altri hanno fallito, visto che è tutt’altro che scontato il successo di bistrot che nascono come emanazione di grandi tavole. Qui il discorso è molto diverso e non ce ne meravigliamo conoscendo il livello della scuola di formazione del grande Chef abruzzese. Bravissima, poi, Gaia Giordano: una Chef capace di elaborare una cucina ad altissimo indice di piacevolezza – senza però mai scadere in inutili piacionerie.
La cucina di Spazio Milano continua a progredire nel segno dell’eleganza e della leggerezza. Su tutti spicca Indivia belga, mandarino tardivo e arachidi, piatto di cottura impeccabile, in cui a rubare la scena è una crema di arachidi di eccellente equilibrio, accompagnata dal contrappunto agrumato del mandarino. Di alto livello anche la Trota, pomodoro fermentato e portulaca. emblematico della cucina della Giordano: pochi ingredienti, grande armonia gustativa e sapiente tocco vegetale, senza dimenticare, però, il Baccalà, cipolle, polvere di capperi: un omaggio alla tradizione dei sapori “ancestrali”, riproposti in un gioco di forme e consistenze nuove.
Il servizio di sala sempre gentile e preciso, svolge con enorme capacità un compito assai impegnativo: capire immediatamente le aspettative e le esigenze dell’ospite, far fronte a qualsiasi richiesta in maniera sartoriale.
Esponente della migliore “bistronomia” nazionale, questo bar à vin è la precisa materializzazione di ciò che accade quando un locale informale incontra una grande cucina.
Il servizio – curato da Carlo Maldotti e Noemi Sala – è quello di un grande ristorante, come si evince dalla scelta – acuta – di sostituire i calici dopo la portata a base di uova. Qui Tommaso Sorgentone, dalla cucina parzialmente a vista al piano superiore, ordisce una una proposta molto nitida, tecnicamente ed esteticamente impeccabile, vessillo degli anni trascorsi dietro al pass di Spazio Niko Romito Milano, da cui arriva anche Moldotti. Pur nella loro solo apparente semplicità, i piatti sono scrupolosamente ragionati e ottimamente bilanciati. Da provare l’uovo e la maionese, quasi una kartoffelsalat, ma nobile e golosissima, il tagliolino con alici e cime di rapa (in polvere) con l’omaggio a Gualtiero Marchesi nel burro acido, e il capocollo di maiale – mangalitza! – e verza.
Precisa nelle scelte la carta dei vini, sensibile alla causa ma senza fanatismi naturalisti.
Arcano sorge nei pressi di Corso Vercelli e promuove una cucina tradizionale al fianco di una formula multiforme: bistrot, ristorante, cocktail bar e, in serate specifiche, piano bar. Sin dall’ingresso l’impressione è inusuale, ci si ritrova in un borgo inserito all’interno di quella che pare una scenografia teatrale. La proposta culinaria è principalmente di terra e spazia nella tradizione di tutto lo Stivale, una sezione ad hoc propone carne alla griglia di provenienza internazionale. Rimarchevole la fattura della costoletta di vitello alla milanese, croccante e rosa al punto giusto, del cavolfiore affumicato alla piastra con tartufo nero e, a coronamento della meneghinità, dei golosi mondeghili. La carta dei vini non è ampia ed è affiancata alla proposta di drink. Il servizio è rapido e solerte, elevato il costo del coperto.